lunedì 10 giugno 2013

Fefè 'A Bellezza Ovvero La Malinconia Non E' tristezza

     
             Il mondo è come i pomodori, non sa più di niente, non tiene più sapore.

          Per tutti sono Fefè 'a bellezza, che secondo l'importantissimo parere mio è sempre meglio che Fefè 'u fico. Perché tanto mo' pure i fichi non sanno più di niente.
          Ve lo devo dire,  piaccio assai, sia ai maschi che alle femmine. Del fatto che possa o meno piacere ai maschi, sinceramente è questione irrilevante.

          I pomodori una volta tenevano un sapore meraviglioso.

          A me non importa più di tanto se tieni le finestre senza le tende, e nemmeno se tieni le tende ma le tieni aperte. Tanto io dentro casa tua non ci guardo, sono fatto così. Io voglio essere invitato a casa tua, per poterti dire che no, non ci vengo.

          Olga.

        Una volta le persone famose se n'andavano in giro con enormi occhiali da sole e cappello, meravigliose donne d'una bellezza mozzafiato portavano bellissimi foulard in testa, e le persone famose, più erano famose e più erano eleganti e discrete. Semplicemente perché se sei davvero elegante sei pure discreto. 

          Sono magro, decisamente. Tengo folti capelli biondi e lucenti, pare che sto sempre come un campo di grano baciato dal sole al tramonto, pronto per una meravigliosa fotografia in controluce con un fantastico effetto bokeh. So' magro ma no rachitico. Anni e anni di nuoto in gioventù hanno contribuito a plasmare le mie spalle senza rendermi ridicolo come i forzati del body building. E oggi arrivo ai cinquantanni in surplace. Poche rughe, qualcosina intorno agli occhi sotto ai quali non ci stanno le borse del supermercato. Gli acquerelli di madre natura si so' divertiti a copiare le acque in riva al mare della Sardegna meridionale quando non c'è vento, quindi per capire di che colore tengo gli occhi e distinguere il verde smeraldo dall'azzurro al blu notte col chiaro di luna mi dovete fissare a lungo come fanno gli scostumati o gli innamorati al primo appuntamento.

          L'interruttore del mio sguardo è sempre su dolce-malinconico, non mi sono mai sposato e dormo sempre solo. Ovviamente, non di notte. La notte bisogna guardare le cose, perché le cose di notte so' diverse. A cominciare dai rumori. La fase del questo è più bello di quell'altro è da tempo stata superata. Non c'è bisogno di dire che una cosa è più bella d'una altra, è evidente. E' evidente la bellezza, sempre. 

          Se debbo spiegarvi il bello, per cortesia, statemi lontano.

          Le certezze che ho so' poche, ma rappresentano i pilastri incrollabili del mio universo.

          Volevo fare l'attore, al primo provino, mentre aspettavo il turno mio, si siede vicino a me uno co' 'na chitarra a tracolla e, senza peraltro chiedermelo, mi fa sentire la canzone sua. Le parole erano talmente brutte che per evitare di ascoltarle ho suggerito quelle giuste. Ancora oggi, 'sta canzone è la più venduta al mondo. Milioni e milioni di copie, l'avete canticchiata pure voi almeno una volta, al cesso o in riva al mare, e miliardi e miliardi per me.

          Le mie certezze sono che so' ricco oltre ogni immaginazione ma so' pure un galantuomo certamente non adatto ai tempi nostri.

          A volte non esco proprio di casa, ed è proprio quando resto a casa che vedo le cose più belle. A cominciare dal fatto che quando decido di starmene a casa mi vesto ovviamente in maniera più elegante di quando esco. Vado in giardino piglio un fiore e lo metto nell'occhiello della giacca. Perché io ci voglio bene a Oscar Wilde.

          Non ho mai fatto uso di droghe, nemmeno uno spinello. Che bisogno c'è di drogarsi quando puoi godere dell'alba sui tetti o del tramonto sull'oceano. E senza pagare nessun delinquente. Già, ma mo' 'u drogato è uno fico, mica n'emarginato. 

         Ho una sola necessità, nuotare. Foss'anche solo nella piscina di casa. Ogni volta nuoto più a lungo, per questo preferisco farlo a mare, anche d'inverno. Bracciata dopo bracciata, a delfino, a delfino a modo mio, con lunghe immersioni sott'acqua, a occhi aperti, a scoppiare i polmoni, contro i marosi e poi risalire come a rinascere, e di nuovo sotto nell'apparente nulla ovattato e silenzioso quando non confuso e assordante mescolarsi di correnti schiumose.
          
          Non tengo paure, ma rispetto il mare.

         Mi annoiano tutti, ma li rispetto. La buona educazione è il segreto dell'esistenza. Semplice come un piatto di spaghetti al pomodoro. Ma non cacatemi il cazzo, perché è più facile essere educati che preparare un piatto di spaghetti come si deve.

          Prima di tutto perché i pomodori non tengono il sapore di una volta.

          Non tengo pazienza, ma so ascoltare. E dici niente.

         Un tempo uno parlava il meno possibile, magari anche solo per paura di sbagliare. Mo' pare che tutti tengono un irrefrenabile bisogno di portare il mondo a conoscenza dei loro pensieri. Non conosco nessuno che non ha scritto almeno un libro.

          E i salotti so' come ai pomodori, non tengono più sapore, non sanno di niente. Chiacchiere diversamente abili. I salotti so' come a tanti invalidi.

          E delle feste manco ne voglio parlare, soprattutto di quelle a sorpresa. Perché di solito le festa a sorpresa so' organizzate dal sorpresato.

          Cinquantanni, e stasera mi fanno la festa a sorpresa. Tengo forte assai la voglia di farla io, la sorpresa.

           Ci saranno tutti gli amici con le loro mogli e fidanzate e compagne. E soprattutto con i loro rimorchi carichi di tutte le contraddizioni della terra. La sublimazione dell'indifferenza verso il malaffare.

          La diffidenza. Io diffido, ma ascolto. Ascolto, ma non tengo pazienza. Semplicemente, mi rompo il cazzo.

          Diffido di chi guida col cappello. Diffido di chi guida l'auto col braccio a penzoloni fuori dal finestrino tipo n'impiccato agonizzante con le dita della mano che mimano gli ultimi spasmi.
          Diffido assai di chi quando parla sputa a raffica il proprio sproporzionato io, e io, e io, e io, e io, e tu ... e tu, ma vafangulo, vai va'.
         
          La trasgressione. Le droghe. Il sesso estremo. I club privé. Gli scambi di coppia. I collezionisti. Collezionano orribili nefandezze che cercano di spacciare per arte nel mentre artisti del malaffare spacciano droghe che mogli annoiate inoculano nei loro corpi contemporaneamente posseduti da altri corpi drogati in luoghi chiamati privé ma che di privé non tengono un beneamato cazzo di niente, a parte molti cazzi per lo più piccoli e flosci. La trasgressione, ma fatem'u piacere.

          Olga, i capelli al vento.

          La vera trasgressione è cenare alle sette e quaranticinque la sera, con tua moglie e tuo figlio. La televisione è spenta. Tuo figlio ha preso quattro al compito di italiano. E tu gli spieghi che non è una cosa buona, e manco ti passa per il cervello di andare a protestare con la professoressa. E magari ci dai pure 'na sberla, a tuo figlio. E tuo figlio pensa di fare una scenata. Pensa di giocare a fare il disadattato, il dissociato. Vuole prendere la tovaglia che è sempre la stessa da sedicianni e la vuole scaraventare sopra al soffitto per guardarla atterrare sui disastri appena iniziati come un paracadute a scacchi bianchi e rossi. Invece tuo figlio decide di non gettarsi in volo, e si ricorderà dello schiaffo che gli ha salvato la vita mentre il prete, con il più improbabile degli accenti dice, guardando una modesta bara nella quale poche ore prima ti hanno rinchiuso, che eri un uomo buono.
          E tuo figlio non piange, ma sorride malinconicamente. Perché tu sei stato un trasgressore e ci hai insegnato l'educazione. Ci hai dato il dono più grande, l'educazione. E ci hai fatto capire che essere buono è la più alta delle forme d'intelligenza.

          Una sola canzone, peraltro le sole parole di una sola canzone. E mi posso permettere di attraversare scalzo l'enorme patio in teak che separa casa mia da una sottile linea di borotalco alla vaniglia che molti chiamano spiaggia, e sono in acqua nel preciso istante in cui anche il sole si lascia scivolare delicatamente a mollo. E mi soffia la sua scia ambrata, così tengo la mia personale corsia preferenziale verso l'orizzonte.

            E nuoto, nel pomeriggio ormai stanco e sopraffatto del giorno del mio cinquantesimo compleanno.

             Vorrei delfini e gabbiani appresso a me. E no 'sti pensieri scomposti.

           Ad ogni bracciata, un pensiero.

           Olga, seduta co' me sopra a quel muretto che delimitava l'accesso alla piazza del paese. Il parcheggio per gli ospiti di casa mia è cinquanta volte più grande di quella piazzetta. Non c'era posto per tutti, sopra a quel muretto. E se riuscivi a stare seduto per dieci minuti avevi fatto il record. Perché quello era un muretto per i cazzi dei fachiri. Non era levigato, e quando ti ci alzavi da sopra non potevi fare a meno di grattarti compulsivamente il culo.
            Olga, quando ci alzammo io il culo non me lo grattai.

           Non mi piace lo champagne. E nemmeno il caviale. Non mi piace l'aragosta, mi piace il pane del forno a legna. Mi piace la maionese ma non sopra alle patatine fritte. Non sopporto l'arredamento minimal e tengo sul cazzo chi grida. Perché gridi?

           Perché i ristoranti consentono tavolate di più di otto persone, perché? Perché devi andare il sabato sera in pizzeria, e ci devi andare con i bambini, e i bambini non li fai stare seduti a tavola, e devi urlare mentre tieni il pomodoro della pizza che ti scende dall'angolo della bocca tipo la peggiore delle scene pulp, e perché tutto ciò ti riesce senza provare nessun imbarazzo.

          Olga, ti chiesi d'andare a guardare il tramonto.

         Voglio un decreto legge che punisca con la reclusione fino a due anni chi compra la cintura d'Hermes e non ci cambia la fibbia, e se ne va in giro come a un coglione con un'enorme acca a richiamare l'attenzione sopra a un cazzo certamente piccolo.  Che deficiente.

         Olga, andammo a guardare il tramonto e tu tenevi gli occhi lucidi. E il mio cuore era  una mandria di purosangue neri dal pelo lucidissimo, galoppavano imbizzarriti senza alzare polvere.

          Perché ci si sposa a luglio, al mare. E' volgare come un paio di gambe fasciate da calze velate a maggio.

           Diffido di chi si spinge oltre la misura.

          Qual è il processo cerebrale che ti spinge a rifarti le tette. E soprattutto perché te le rifai male, le tette. E perché pensi che io possa avere un qualche interesse a guardare le tue tette rifatte male?

          Mi piace il tennis, non il wrestling. I tennisti di un tempo avrebbero potuto giocare a teatro, con le musiche di Tchaikovsky. Una partita a tennis era come un balletto. Oggi il tennis è urlato come urlate sono le tragedie al telegiornale.

          E continuo a nuotare verso il sole che sembra voler mantenere la promessa dell'invito che mi ha fatto mandandomi la sua scia, ti aspetto m'ha detto. E nuoto.

          Trovo inconcepibile la totale incapacità d'emozionarsi guardando un film o ascoltando Brahms.

       Conosco uno che ha scritto un romanzo, discreto. Ma non ha tenuto fortuna anche se è stato pubblicato dalla più famosa casa editrice. Non ha venduto, semplicemente. Siccome il padre era ricco da fare schifo, perché non esistono ricchi così e così. Se sei ricco, sei ricco da fare schifo, sempre. Ebbene ha continuato a scrivere, ma ha scritto solo cagate pazzesche e tutte uguali. Romanzi come a tanti stronzi seriali. Poi ha trovato un cesso capace di contenere a tutte le sue merde. Ce lo ha comprato il padre, al cesso. E il cesso, che era in vetrina dentro al negozio degli aristochic critici letterari, è riuscito a spacciare per capolavori le sue cacate. E così t'hanno vinto il premio Fattucchiera. Merde allo sbaraglio, per la faccia sopra a un magazine.

          L'incapacità di sforzarsi di provare a capire le persone. Accettare le diversità.

          Come è possibile che i ricchioni so' tutti belli.

          Con il mare forza sei il bagno non lo si deve fare. Olga, mi tuffai tra i marosi per farmi frustare dalle onde davanti a te. Mi pare strano ancora adesso capire come è possibile che non sono morto quando per tre volte provai ad emergere tra i flutti mentre un risucchio involontariamente mi richiamava a sé aiutato da immense bolle di schiuma bianca. Trattenuto, frustato e sbattuto contro la mia volontà. E poi l'aria. E le tue lacrime, salate come l'acqua che non voleva lasciarmi andare ma piene d'aria. Olga.

         Odio i serpenti, e mi fanno paura. Forse è per questo che non sopporto chi striscia.

         Le sfumature. Perché vieni a cena a casa mia con i mocassini marroni? Perché mi inviti a cena a casa tua e mentre mi fai bere vino italiano, notoriamente inferiore a quello francese, mi dici quanto hai pagato 'sta cazza di bottiglia di merda?

         Come è possibile essere incapaci di difendere pubblicamente un amico.

         La filosofia della comitiva, che trova la sua propria auto celebrazione nel poter dir male dell'assente di turno.

         Non tengo il gene dell'adeguamento. Non tengo la capacità d'adeguarmi. Un minimo di tolleranza sì, ce l'ho. Ma non mi riesco ad adeguare.

         Come è possibile che la barba incolta sia passata dall'essere evidente segnale di sciatteria a sinonimo di macismo fico. Stereotipi e neologismi, ma non mi cacate il cazzo.

          Olga, volevo portarti a cena e mi dicesti no, portami a vedere l'alba da sopra alla barca in mezzo al mare. E alle quattro del mattino rubai 'na barca e in mezzo al mare guardammo le stelle in cielo che parevano segni di punteggiatura sopra un foglio in attesa d'essere presi e sistemati tra le pagine della vita. E proprio quand'era più buio del buio, arrivò il sole.

           Perché ti compri la macchina per farla guidare dall'autista. Perché ti compri la barca per farla portare al marinaio. Perché ti compri la barca per stare fermo nel porto.

            Diffido di chi non usa appropriatamente gli aggettivi. E tengo sul cazzo chiunque sente una tromba e dice che gli ricorda a Miles Davis. E i pomodori non tengono più il sapore di una volta.

          Mi manca Ennio Flaiano e penso agli amici. Gli amici della festa a sorpresa.

          Salvatore, che voleva fare l'istruttore. L'istruttore di scuola guida. Stava sempre arrapato, Salvatore. E sosteneva che non poteva esserci lavoro migliore di quello dell'istruttore di scuola guida. Vedere 'na femmina che siede al volante. Alza leggermente la gonna e divarica le gambe. Si mette la cintura di sicurezza che divide, alza ed esalta le zizze. E mette la mano sul pomello della leva del cambio. Ancora oggi nessun filosofo della femmina è riuscito a ribaltare la teoria di Salvatore. Peraltro Salvatore ha fatto progressi, assai. E' uno dei più pagati chirurghi estetici del mondo. Ovviamente, la sua specialità so' le zizze.

           Cervello e cuore, materia grigia e sangue. Tutte le femmine del mondo, anche quelle che ancora devono diventare femmina, e Olga. La materia grigia, il cervello, stanno là. So' immobili. Non fanno un cazzo di niente, semplicemente pensano. Se sei fortunato. Il cuore fatica come a nu dannato. Pompa sangue per tutta la vita. Il sangue tu ce l'hai ovunque, pure dalle parti del cervello. Il sangue corre, scappa, si muove. Anche se sei sfortunato. Pure se sei un coglione tieni cuore.

          E' bellissimo nuotare mentre piove. Nessuno lo fa. Pare che è difficile sapere ciò che va fatto al momento di farlo. Io invece ho sempre saputo cosa andavo fatto, quel che dovevo fare. Semplicemente, troppo spesso non l'ho fatto e tanta cazz.

          Olga, gelosa da fare paura. Diceva che ero bello e intelligente. E la trovava una combinazione insopportabile ed ingestibile. Ero affascinante, diceva. Ma soprattutto diceva che tenevo talento, assai. Perché già allora io ero Fefè 'a bellezza. Olga, non ne voglio talento. Il talento non serve a un cazzo. Col talento non vai da nessuna parte. Olga, voglio la fortuna. Non il talento.

           Ci hanno messo più di trentanni per capire che Giovanni Giorgio Moroder è un genio.

          La vita è solo questione di culo, e non c'è bisogno di pensare alla penicillina per capire che tengo ragione.

          La scia ambrata è sparita, c'è assenza di colori. E' tutto assolutamente indefinito, imprecisato. E' un blu non blu. Nuoto da tanto ma non sono stanco e nemmeno voglio tornare indietro. Lo so che se mi giro la casa non la vedo.

          Ho sempre tenuto fascino, e potere. Il potere più grande. Il potere di mandare a fare in culo chi merita di esserci mandato.

          Ad Olga non piaceva bere, era l'unico difetto che teneva. Della moltitudine imprecisabile delle femmine che mi hanno voluto non ne ricordo un'altra che non ci piacesse bere. Sì, che mi hanno voluto. I maschi coglioni usano dire che si sono fatti a quella e quella e quell'altra. Pochi hanno la consapevolezza che sono loro che aprono le gambe quando vogliono aprirle. Olga diceva che l'autocontrollo andava salvaguardato. Se andiamo a cena e vuoi bere, allora ci andiamo a piedi o prendiamo un taxi diceva. Olga era pur sempre 'na femmina ed in quanto tale un tantino rompicoglioni.

          Tutto ciò che viene fatto in nome e per conto di due Regine, Inesperienza e Buona Fede, deve essere sempre perdonato e giustificato.

            E' inspiegabile come possa esservi una tale moltitudine d'inetti peraltro mal vestiti e per nulla ironici tra coloro i quali ricoprono a vario titolo ruoli dirigenziali.

          L'umiltà va esercitata con parsimonia. Non c'è nulla di peggio che frequentare un tirchio.

          L'ironia, e soprattutto l'autoironia dovrebbero essere quotate in borsa.

         Prima di morire spero d'incontrare qualcuno che mi dice che sì, è stata colpa sua e basta. Non è colpa di nessuno, solo mia. La colpa è sempre di qualcun altro.

         Olga, tenevi quel vestito bianco co' i fiori rossi e le ballerine bianche e il sorriso come a la porta del paradiso.

          L'indignazione. La banale capacità d'indignarsi. Volata via come un aquilone il cui filo sfugge di mano al bambino che lo controllava sorridente e adesso fissa il cielo esterrefatto senza riuscire a piangere.

           Trentanni fa Olga. Mi hai baciato e hai attraversato la strada. E io ti ho richiamata. E tu ti sei girata. Dando le spalle a un ubriaco convinto di guidare una astronave invece teneva in mano il volante d'una 127 di merda il cui cofano ti ha centrata in pieno nella schiena a novanta all'ora. Olga, hai sempre rotto i coglioni a tutti che non si deve bere e poi guidare.

            Mi hai lasciato, Olga. E non è giusto. Proprio no, manco per il cazzo che è giusto.

            E io me ne sto qua, immeritatamente in mezzo al mare. Non vedo più nulla, c'è solo il mare. E come si fa a dire che il mare è il nulla. La casa non la vedo. Gli amici stanno pronti. Per la festa.

           Olga, non ce la faccio a tornare. Non saprei che direzione prendere e ho pure freddo.

          E in tutto questo, i pomodori non sanno più d'un cazzo.



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