venerdì 8 novembre 2013

Perché, Perché?



          Uno spazio enorme, questo posto. Un enorme rettangolo che si sviluppa a doppia altezza. Le pareti sono l'essenza di tutto il bianco della storia del bianco. Tant'è che mi sorprendo a pensare a quello che stava a mollo nell'acqua tutto vestito e diceva che più bianco non si può. Ad intervalli regolari, e con millimetrica precisione, sono come sospese le fotografie più belle che abbia mai visto. I soggetti delle foto sembrano sempre gli stessi. L'autunno, il trionfo dei colori, è ripreso in bianco e nero. Le foglie s'alternano alle panchine, alle fontane, agli alberi spogli, a mani di vecchi intrecciate, e cestini, e viali, e cappelli e capelli, ombrelli, lacci di scarpe e di nuovo le nocche di mani che sembrano aver attraversato ere più di anni. E tappeti di foglie. 

          Al centro di questo spazio enorme, un tavolo d'alluminio, bianco, ovviamente rettangolare, con sedici sedie di pelle, bianca. Il tavolo galleggia, fa il morto sull'immobile mare di moquette fucsia. In fondo, sull'angolo a sinistra un divano, ovviamente enorme, fatto di orsacchiotti rosa. E solo adesso noto la presenza di un uomo. Elegantissimo. Un viso conosciuto, non ricordo dove l'ho visto. Quando l'ho visto. Capelli neri con qualche striatura d'argento, lunghi e leggermente mossi, portati all'indietro gli ricadono sulle tempie ad incorniciare il suo bel viso. Labbra sottili e zigomi non pronunciati, due simpatiche fossette sembrano voler accogliere le ciocche ribelli dei capelli.

          Lo saluto, ma le simpatiche fossette non ricambiano il saluto. Ho deciso che è meglio se lo tengo sul cazzo da subito. E continuo a non ricordare dove l'ho visto. Mi chiede se conosco i Lake Heartbeat. Invece di chiedergli se ci conosciamo oppure, in modo decisamente più british, e chi cazzo so' 'sti Lake Heartbeat dico semplicemente no.
             Sono quelli che stanno cantando Pipedream, la canzone che stiamo ascoltando. Benissimo, manco me n'ero accorto che c'era una canzone in sottofondo. Si alza e mi dice di seguirlo e invece di mandarlo a cagare lo seguo. Ovviamente è più alto di me, mi fa una smorfia come a farmi capire che ha capito che lo tengo sempre più sul cazzo. La voce come di un altoparlante dice qualcosa ma non capisco cosa anche perché sono distratto dal completo cashmere indossato dalle fossette. Un bellissimo doppio petto finestrato nei toni del celeste con righini rosa viola e rossi, una camicia bianca e una cravatta blu con piccoli quadrifogli bianchi. Un bellissimo paio di gemelli fuori misura a forma di LP.
           Mi chiede se conosco gli A Sunny Day In Glasgow e rispondo con un macché che tiene racchiuso tutti i modi di mandare qualcuno a fare in culo ma quello non si scompone e mi dice, dopo avermi ceduto il passo per entrare in un ascensore che manco a dirlo non avevo visto, che il pezzo che adesso suona s'intitola Shy ed è appunto dei A Sunny Day In Glasgow. E me lo dice come a chiedersi come sia possibile che io sia vissuto fin quasi a cinquantanni senza aver mai ascoltato 'sti qua.

           L'ascensore è tutto rivestito di pelle cremisi e non appena fossette entra ecco sento che s'avvia.
Ovviamente non conosci nemmeno i Durutti Column, mi dice fossette. Ovviamente no gli rispondo senza aggiungere che invece conosco benissimo sia la mamma che la sua sorellina. Si liscia all'indietro i belli capelli e mi dice di non avere sorelle e fingo di non stupirmi della sua capacità di leggere il pensiero consapevole comunque del fatto che pur senza averlo fatto ce l'ho mandato a fare in culo.

          Di nuovo la voce dell'altoparlante, come un annuncio.

         Si aprono le porte dell'ascensore, e ancora meravigliose fotografie dell'autunno e dei suoi colori ma sempre in bianco e nero.

          Fossette sembra particolarmente colpito da due rami incrociati adagiati su un tappeto di foglie il tutto sovrastato da un drammatico e nuvoloso cielo nero, indugia a lungo su questa foto. Mentre io riconosco stavolta Jenny degli Alunni Del Sole.

          Perché, mi chiede fossette. Perché cosa rispondo a fossette e quello mi dice, guardando la prima foto dove compare un volto, che adesso stiamo ascoltando gli Holy Ghost con It Must Be The Weather.

"Perché?"
"Ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore. Sempre. Credi di essere migliore degli altri, perché?"
            Almeno quattrocentododici risposte differenti anche se tutte caratterizzate dal comune invito a raggiungere i suoi cari defunti.
"Ma di che parli?"
"Del fatto che non sei nessuno, e certamente non sei migliore di chi ti circonda. Ricordi quando hai iniziato a non piacerti più?"
            Primo, io mi piaccio tantissimo. Sono innamoratissimo di me. M'innamoro di me ogni volta che m'incontro, e succede spesso.
"Sarebbe carino poter aver qualche indizio maggiore, tipo sapere di che cazzo stai parlando".
            Mi ritrovo ad inseguire fossette senza sapere se davvero lo conosco o no, mentre continuano a scorrere fotografie sempre più tristi, sempre in bianco e nero. Adesso i soggetti sono solo bambini. Bambini denutriti, bambini sporchi, bambini di colore, bambini malvestiti, sempre scalzi. Tutti sorridenti, ma tutti con gli occhi tristi.

           E di nuovo l'altoparlante, e non capisco cosa dice.

"Perché?"
"Di nuovo, ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore ma non fai niente. Perché insegui il nulla. Perché hai tradito te stesso".
          Voglio andarmene, ne ho abbastanza.
"Ricordi la prima volta?"
"Ascolta, fossette. Mi piace come ti vesti. Mi piace che ti piace la fotografia. Ma non mi piace come ti rivolgi a me".
"Perché hai lasciato Jane?"
"Jane? Ma di che cazzo parli?"
"Perché non hai detto di essere stato tu a rompere il vetro della finestra al maestro?"
"Il maestro?"
"Mettesti lo sgambetto a Carlo, da dietro. Da vigliacco, perché?"
"Lo sgambetto?"
"Dicesti di avere la febbre, non potevi accompagnare Diletta a scuola. Perché?"
"Diletta?"
"Ti piace Renato Zero, Alan Sorrenti e Julio Iglesias e gli Alunni Del Sole ma t'atteggi con i Led Zeppelin e Dylan. Perché?"
           Sinceramente, questo inizia a farmi paura.
"Fossette, ma che vuoi?"
"Perché ti sei tradito, hai tradito te stesso".
"Non capisco di che parli".
"Perché menti. Al mondo e a te stesso. Quand'è che hai fatto qualcosa per qualcuno, quando?"
          Fondamentalmente sono un tipo piuttosto semplice, ho la tendenza a farmi i fatti miei e non sono curioso. Difficilmente faccio domande. Ecco, davvero, io domande non ne faccio mai. E questo fa il gioco del perché co' me. E coyote di Joni Mitchell la conosco anch'io. E dalle co' l'altoparlante.

"Perché non sai amare?"
"Perché non mi lasci in pace?"
"Perché non hai convinto Amelia a tenere il bambino?"
"Ma era lei che non lo voleva!"
"Perché hai dato via il cane?"
"Ma non potevo tenerlo, ero allergico al suo pelo!"
"Perché non hai prestato venti milioni a Roberto?"
"Ma non avrei risolto i suoi problemi e io avevo solo venti milioni da parte!"
"Perché non vai mai a trovare tua madre?"
"Ma non mi riconosce più!"
"Sei un coglione".
"Davvero gentile, inizi a dare più fastidio dell'allarme acustico della cintura di sicurezza!"
"Perché non hai fatto fare controlli più accurati a tuo padre quando ti diceva di stare male?"
"Ma era sempre stanco, che ne potevo sapere!"
"E' morto, e potevi salvarlo".

          Ancora, l'altoparlante. Tanto non capisco cosa dice. E adesso i Fleetwood Mac cantano You Make Loving Fun. E in questo posto enorme inizia a far freddo.  E fossette insiste.

"Qual è stato il tuo impegno civile fino ad ora?"
"Toglimi una curiosità, e il tuo?"
"Ha, ma noi siamo qui per te. Tutto questo è per te. E' solo colpa tua. Così adesso noi dobbiamo prenderci cura di te e del tuo ego spropositato. La tua vita è tutta una sfida con te stesso, perché non sei mai contento?"
"Ma si può sapere chi sei e, soprattutto, che cazzo vuoi, tu con il tuo cumulo di banalità?"
"Ti sei sempre lamentato, sempre. Hai sprecato il tuo talento alla ricerca di scorciatoie".
           Ho deciso, me ne vado. Così mi giro ma l'ascensore non c'è più e inizia a piovere. Piovono fotografie che restano a fluttuare appena qualche centimetro sopra la moquette, assieme alle foto adesso piovono petali di rosa che profumano di disinfettante. Voglio andarmene. Fossette mi fissa con aria di sfida. I bambini delle fotografie prendono vita e mi guardano, anch'essi mi stanno sfidando. Alcuni piangono lacrime marroni, l'altoparlante continua a gracchiare, sono sicuro che adesso cantano i China Crisis ma non riconosco la canzone, la moquette inizia ad incresparsi, tante piccole spumette verdi come quando il maestrale inizia a gonfiare il mare.

          E fossette adesso è vestito di bianco, ha le mani incrociate sul petto, e tanto per cambiare continua a straspaccarmi la minchia con il monologo di tutti i monologhi.
"Ti atteggi, l'hai sempre fatto. Sei saccente. Sei polemico, per lo più inutilmente polemico. Sei geloso.  Sei invidioso. Un immaturo, a cui è andato sempre tutto bene. Non sai perdonare e non hai mai perdonato pur pretendendo sempre di essere perdonato, sempre. Sei un debole. Sei un vigliacco. Perennemente indeciso ..."
           "Ma non è vero!"
          " ... assolutamente inconcludente. Non hai mai fatto nulla con le tue sole forze. Narcisista e qualunquista. Decisamente incoerente. Lontano da ogni fede, senza alcuna passione politica. Sei un traditore. E sei cattivo".
           Provo a lanciarmi con tutte le mie forze sulla gola di fossette ma le mie mani si fermano a pochi centimetri dal suo bel viso che odora di cloroformio. Ancora l'altoparlante assieme ai Doobie Brothers con Long Train Runnin'.

           Mi guardo le mani, i miei polsi. La camicia è arrotolato sul braccio destro e un gemello a forma di LP tintinna su un tubicino di plastica che parte dall'incavo del mio braccio e finisce in una specie di boccia appesa su di un trespolo come l'avvoltoio sempre presente nelle strisce di Tex.

            Di nuovo l'altoparlante, ancora l'odore di cloroformio. Adesso fossette mi guarda da uno specchio sdraiato su di una specie di lettino proprio di fronte a me. Vorrei trovare la forza di mandarlo a fare in culo ma ho la bocca impastata. Non riesco a parlare.

          Una bella cascata di capelli biondi entra da una piccola porticina, un sorriso. E il sorriso mi dice: "Ben svegliato, adesso le tolgo la flebo così può andare. Ci vediamo tra quindici giorni per il prossimo ciclo di chemio".

           Mi gira le spalle. E non si accorge che la guardo dallo specchio. Fossette lo sa che quindici giorni sono tanti, troppi. E lo capisce dal sorriso sparito dalla cascata di capelli biondi.