martedì 24 dicembre 2013

Simply Having Wonderful Christmas Time, even if I'm not Sir Paul McCartney




E che ve lo dico a fare ... Grazie a tutti voi e Buon Natale!

Happy Merry Happy Merry Happy Merry Christmas ... with a lots of thanks to dear Britta Rogge for having pointed out this marvelous video.




venerdì 8 novembre 2013

Perché, Perché?



          Uno spazio enorme, questo posto. Un enorme rettangolo che si sviluppa a doppia altezza. Le pareti sono l'essenza di tutto il bianco della storia del bianco. Tant'è che mi sorprendo a pensare a quello che stava a mollo nell'acqua tutto vestito e diceva che più bianco non si può. Ad intervalli regolari, e con millimetrica precisione, sono come sospese le fotografie più belle che abbia mai visto. I soggetti delle foto sembrano sempre gli stessi. L'autunno, il trionfo dei colori, è ripreso in bianco e nero. Le foglie s'alternano alle panchine, alle fontane, agli alberi spogli, a mani di vecchi intrecciate, e cestini, e viali, e cappelli e capelli, ombrelli, lacci di scarpe e di nuovo le nocche di mani che sembrano aver attraversato ere più di anni. E tappeti di foglie. 

          Al centro di questo spazio enorme, un tavolo d'alluminio, bianco, ovviamente rettangolare, con sedici sedie di pelle, bianca. Il tavolo galleggia, fa il morto sull'immobile mare di moquette fucsia. In fondo, sull'angolo a sinistra un divano, ovviamente enorme, fatto di orsacchiotti rosa. E solo adesso noto la presenza di un uomo. Elegantissimo. Un viso conosciuto, non ricordo dove l'ho visto. Quando l'ho visto. Capelli neri con qualche striatura d'argento, lunghi e leggermente mossi, portati all'indietro gli ricadono sulle tempie ad incorniciare il suo bel viso. Labbra sottili e zigomi non pronunciati, due simpatiche fossette sembrano voler accogliere le ciocche ribelli dei capelli.

          Lo saluto, ma le simpatiche fossette non ricambiano il saluto. Ho deciso che è meglio se lo tengo sul cazzo da subito. E continuo a non ricordare dove l'ho visto. Mi chiede se conosco i Lake Heartbeat. Invece di chiedergli se ci conosciamo oppure, in modo decisamente più british, e chi cazzo so' 'sti Lake Heartbeat dico semplicemente no.
             Sono quelli che stanno cantando Pipedream, la canzone che stiamo ascoltando. Benissimo, manco me n'ero accorto che c'era una canzone in sottofondo. Si alza e mi dice di seguirlo e invece di mandarlo a cagare lo seguo. Ovviamente è più alto di me, mi fa una smorfia come a farmi capire che ha capito che lo tengo sempre più sul cazzo. La voce come di un altoparlante dice qualcosa ma non capisco cosa anche perché sono distratto dal completo cashmere indossato dalle fossette. Un bellissimo doppio petto finestrato nei toni del celeste con righini rosa viola e rossi, una camicia bianca e una cravatta blu con piccoli quadrifogli bianchi. Un bellissimo paio di gemelli fuori misura a forma di LP.
           Mi chiede se conosco gli A Sunny Day In Glasgow e rispondo con un macché che tiene racchiuso tutti i modi di mandare qualcuno a fare in culo ma quello non si scompone e mi dice, dopo avermi ceduto il passo per entrare in un ascensore che manco a dirlo non avevo visto, che il pezzo che adesso suona s'intitola Shy ed è appunto dei A Sunny Day In Glasgow. E me lo dice come a chiedersi come sia possibile che io sia vissuto fin quasi a cinquantanni senza aver mai ascoltato 'sti qua.

           L'ascensore è tutto rivestito di pelle cremisi e non appena fossette entra ecco sento che s'avvia.
Ovviamente non conosci nemmeno i Durutti Column, mi dice fossette. Ovviamente no gli rispondo senza aggiungere che invece conosco benissimo sia la mamma che la sua sorellina. Si liscia all'indietro i belli capelli e mi dice di non avere sorelle e fingo di non stupirmi della sua capacità di leggere il pensiero consapevole comunque del fatto che pur senza averlo fatto ce l'ho mandato a fare in culo.

          Di nuovo la voce dell'altoparlante, come un annuncio.

         Si aprono le porte dell'ascensore, e ancora meravigliose fotografie dell'autunno e dei suoi colori ma sempre in bianco e nero.

          Fossette sembra particolarmente colpito da due rami incrociati adagiati su un tappeto di foglie il tutto sovrastato da un drammatico e nuvoloso cielo nero, indugia a lungo su questa foto. Mentre io riconosco stavolta Jenny degli Alunni Del Sole.

          Perché, mi chiede fossette. Perché cosa rispondo a fossette e quello mi dice, guardando la prima foto dove compare un volto, che adesso stiamo ascoltando gli Holy Ghost con It Must Be The Weather.

"Perché?"
"Ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore. Sempre. Credi di essere migliore degli altri, perché?"
            Almeno quattrocentododici risposte differenti anche se tutte caratterizzate dal comune invito a raggiungere i suoi cari defunti.
"Ma di che parli?"
"Del fatto che non sei nessuno, e certamente non sei migliore di chi ti circonda. Ricordi quando hai iniziato a non piacerti più?"
            Primo, io mi piaccio tantissimo. Sono innamoratissimo di me. M'innamoro di me ogni volta che m'incontro, e succede spesso.
"Sarebbe carino poter aver qualche indizio maggiore, tipo sapere di che cazzo stai parlando".
            Mi ritrovo ad inseguire fossette senza sapere se davvero lo conosco o no, mentre continuano a scorrere fotografie sempre più tristi, sempre in bianco e nero. Adesso i soggetti sono solo bambini. Bambini denutriti, bambini sporchi, bambini di colore, bambini malvestiti, sempre scalzi. Tutti sorridenti, ma tutti con gli occhi tristi.

           E di nuovo l'altoparlante, e non capisco cosa dice.

"Perché?"
"Di nuovo, ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore ma non fai niente. Perché insegui il nulla. Perché hai tradito te stesso".
          Voglio andarmene, ne ho abbastanza.
"Ricordi la prima volta?"
"Ascolta, fossette. Mi piace come ti vesti. Mi piace che ti piace la fotografia. Ma non mi piace come ti rivolgi a me".
"Perché hai lasciato Jane?"
"Jane? Ma di che cazzo parli?"
"Perché non hai detto di essere stato tu a rompere il vetro della finestra al maestro?"
"Il maestro?"
"Mettesti lo sgambetto a Carlo, da dietro. Da vigliacco, perché?"
"Lo sgambetto?"
"Dicesti di avere la febbre, non potevi accompagnare Diletta a scuola. Perché?"
"Diletta?"
"Ti piace Renato Zero, Alan Sorrenti e Julio Iglesias e gli Alunni Del Sole ma t'atteggi con i Led Zeppelin e Dylan. Perché?"
           Sinceramente, questo inizia a farmi paura.
"Fossette, ma che vuoi?"
"Perché ti sei tradito, hai tradito te stesso".
"Non capisco di che parli".
"Perché menti. Al mondo e a te stesso. Quand'è che hai fatto qualcosa per qualcuno, quando?"
          Fondamentalmente sono un tipo piuttosto semplice, ho la tendenza a farmi i fatti miei e non sono curioso. Difficilmente faccio domande. Ecco, davvero, io domande non ne faccio mai. E questo fa il gioco del perché co' me. E coyote di Joni Mitchell la conosco anch'io. E dalle co' l'altoparlante.

"Perché non sai amare?"
"Perché non mi lasci in pace?"
"Perché non hai convinto Amelia a tenere il bambino?"
"Ma era lei che non lo voleva!"
"Perché hai dato via il cane?"
"Ma non potevo tenerlo, ero allergico al suo pelo!"
"Perché non hai prestato venti milioni a Roberto?"
"Ma non avrei risolto i suoi problemi e io avevo solo venti milioni da parte!"
"Perché non vai mai a trovare tua madre?"
"Ma non mi riconosce più!"
"Sei un coglione".
"Davvero gentile, inizi a dare più fastidio dell'allarme acustico della cintura di sicurezza!"
"Perché non hai fatto fare controlli più accurati a tuo padre quando ti diceva di stare male?"
"Ma era sempre stanco, che ne potevo sapere!"
"E' morto, e potevi salvarlo".

          Ancora, l'altoparlante. Tanto non capisco cosa dice. E adesso i Fleetwood Mac cantano You Make Loving Fun. E in questo posto enorme inizia a far freddo.  E fossette insiste.

"Qual è stato il tuo impegno civile fino ad ora?"
"Toglimi una curiosità, e il tuo?"
"Ha, ma noi siamo qui per te. Tutto questo è per te. E' solo colpa tua. Così adesso noi dobbiamo prenderci cura di te e del tuo ego spropositato. La tua vita è tutta una sfida con te stesso, perché non sei mai contento?"
"Ma si può sapere chi sei e, soprattutto, che cazzo vuoi, tu con il tuo cumulo di banalità?"
"Ti sei sempre lamentato, sempre. Hai sprecato il tuo talento alla ricerca di scorciatoie".
           Ho deciso, me ne vado. Così mi giro ma l'ascensore non c'è più e inizia a piovere. Piovono fotografie che restano a fluttuare appena qualche centimetro sopra la moquette, assieme alle foto adesso piovono petali di rosa che profumano di disinfettante. Voglio andarmene. Fossette mi fissa con aria di sfida. I bambini delle fotografie prendono vita e mi guardano, anch'essi mi stanno sfidando. Alcuni piangono lacrime marroni, l'altoparlante continua a gracchiare, sono sicuro che adesso cantano i China Crisis ma non riconosco la canzone, la moquette inizia ad incresparsi, tante piccole spumette verdi come quando il maestrale inizia a gonfiare il mare.

          E fossette adesso è vestito di bianco, ha le mani incrociate sul petto, e tanto per cambiare continua a straspaccarmi la minchia con il monologo di tutti i monologhi.
"Ti atteggi, l'hai sempre fatto. Sei saccente. Sei polemico, per lo più inutilmente polemico. Sei geloso.  Sei invidioso. Un immaturo, a cui è andato sempre tutto bene. Non sai perdonare e non hai mai perdonato pur pretendendo sempre di essere perdonato, sempre. Sei un debole. Sei un vigliacco. Perennemente indeciso ..."
           "Ma non è vero!"
          " ... assolutamente inconcludente. Non hai mai fatto nulla con le tue sole forze. Narcisista e qualunquista. Decisamente incoerente. Lontano da ogni fede, senza alcuna passione politica. Sei un traditore. E sei cattivo".
           Provo a lanciarmi con tutte le mie forze sulla gola di fossette ma le mie mani si fermano a pochi centimetri dal suo bel viso che odora di cloroformio. Ancora l'altoparlante assieme ai Doobie Brothers con Long Train Runnin'.

           Mi guardo le mani, i miei polsi. La camicia è arrotolato sul braccio destro e un gemello a forma di LP tintinna su un tubicino di plastica che parte dall'incavo del mio braccio e finisce in una specie di boccia appesa su di un trespolo come l'avvoltoio sempre presente nelle strisce di Tex.

            Di nuovo l'altoparlante, ancora l'odore di cloroformio. Adesso fossette mi guarda da uno specchio sdraiato su di una specie di lettino proprio di fronte a me. Vorrei trovare la forza di mandarlo a fare in culo ma ho la bocca impastata. Non riesco a parlare.

          Una bella cascata di capelli biondi entra da una piccola porticina, un sorriso. E il sorriso mi dice: "Ben svegliato, adesso le tolgo la flebo così può andare. Ci vediamo tra quindici giorni per il prossimo ciclo di chemio".

           Mi gira le spalle. E non si accorge che la guardo dallo specchio. Fossette lo sa che quindici giorni sono tanti, troppi. E lo capisce dal sorriso sparito dalla cascata di capelli biondi.


       

martedì 17 settembre 2013

La Colpa.



          Il mondo è continuamente alla ricerca di un colpevole. E il colpevole è sempre innocente, non esistono rei confessi. La colpa è sempre di qualcun altro, si trattasse pure di eventi atmosferici. Una sola eccezione, io. E mi piace sedere sulle panchine.

          E' dal mio primo ricordo che è sempre colpa mia. Normalmente il fallo di reazione è punito con più severità di un normale fallo di gioco, foss'anche d'ostruzione, il fallo. Herb Alpert  cantava  This Guy's In Love With You fuori pioveva e mia madre stava preparando il tè. A me il tè non piaceva però andavo pazzo per i biscotti al burro e pur di mangiarne qualcuno mi bevevo il tè. Per mio fratello più piccolo, anche se di soli otto mesi e mezzo più piccolo, era invece il contrario. Per lui tutto è sempre stato il contrario. Il patto era doppia razione di tè a te ed il doppio dei biscotti a me, macché. Quello per dispetto si mangiò i biscotti e allora io non volli dargli il mio tè, e fu un errore. Un doppio errore. Il primo errore fu che Piero, mio fratello, il piccolino, mi fece lo shampoo con il tè bollente. E io odio tutto ciò ch'è freddo freddo e tutto ciò ch'è caldo caldo, soprattutto se me lo rovesciano da sopra alla testa. Il secondo errore fu che, urlando, gli dissi una parolaccia. Ecco che da allora per mia madre divenni una specie di terrorista ricercato in tutto il mondo. "E' colpa tua, Tommaso" disse mia madre. E nel dirlo promulgò il primo di quelli che sarebbero stati degli editti punitivi esemplari ed assolutamente fantasiosi, sovente accompagnati da sberle memorabili con drammatica colonna sonora composta da ritornelli in serie Ma come è possibile, E chi me lo doveva dire, Ma dov'è che ho sbagliato, Ma da chi hai preso, Quando torna tuo padre vedrai, Ti mando in collegio ... al ti mando in collegio più volte trovavo la forza di rispondere con un magari subito seguito da un aggiornamento della app punitiva. Ovviamente, Piero faceva e rifaceva e rifaceva e rifaceva la ola.

          E' colpa mia, sempre.

          Le automobili rappresentano per moltitudini di persone un universo a parte. All'interno delle proprie auto i più si trasformano in specie di supereroi malvagi. Nel loro abitacolo fanno cose che probabilmente neanche nella privacy dello loro stanze da bagno si azzarderebbero a fare. Si sente senza dubbio al sicuro e protetto da sguardi indiscreti quell'uomo apparentemente distinto, in giacca e cravatta, all'interno della classica e monotona berlina tedesca e nera. La fronte aggrottata e un'espressione di puro dolore sul volto, dev'essere un mago intento a provare uno dei suoi trucchi. Infatti riesce a far sparire tre, avete letto bene, tre, tre dita, tre dita intere, riesce a far sparire tre dita della mano destra all'interno della narice destra del suo naso. E dopo qualche momento, evidentemente soddisfatto poiché adesso sul suo viso danzano sorrisi d'orgoglio, ecco prende ad ammirare le sue tre dita che ora, accompagnate dalle altre due, modellano una scultura fatta di muco verdegiallo tendente al rossastro. Il semaforo è ancora rosso. Io e il mio autista siamo circondati. Decine e decine di automobili, tutte ovviamente con un unico conducente. Solo sguardi distanti e distratti. Ognuno assorto nella propria insoddisfazione. Una bella e riccioluta signora mi fissa dal finestrino senza vedermi. Mi guarda, ma non mi vede. Mentre il mago è adesso un buongustaio. Infatti assapora con malcelata soddisfazione la scultura tondeggiante e colorata d'autunno. Vorrei scendere dall'auto e dirgli che mi fa schifo. Vorrei scendere dall'auto e dire alla bella riccioluta che forse il suo problema si può risolvere. Vorrei dirle che non è colpa mia, e invece non scendo dalla mia auto perché magari è proprio colpa mia se la riccioluta è triste. Scatta il verde, e la partita di rugby può riprendere, tutti lanciati a folle velocità come se chi li aspetta fosse felice di vedere arrivare due minuti prima simili cretini.

          E nel momento in cui tutti giocano nuovamente a rugby penso a quando Silvia mi ha insegnato a mangiare i cioccolatini.
"Tommaso, ma tu li mangi tutti assieme, anche tre per volta. E poi li mastichi, non devi".
"Cosa faccio, li ingoio a tipo pillole?"
"Idiota! No amore, devi tenerlo in bocca per un po'. Succchialo. E poi tienilo schiacciato per qualche momento con la lingua sotto il palato. Vedi, così". E la guardai ammirato mentre chiudeva gli occhi e deglutiva e ancora con gli occhi chiusi mi fece dono della sua lingua. Da allora ho sempre mangiato così i cioccolatini. Li scarto, li metto in bocca, li succhio un po' e poi li schiaccio con la lingua sul palato, e aspetto. E dopo aver mandato giù chiudo gli occhi e aspetto che Silvia mi dia la sua lingua. Ma Silvia non c'è più, ovviamente per colpa mia. E' colpa mia, sempre.

          Quell'estate io avevo la patente, Piero ancora no. Io guidavo, lui no. Quando la macchina di Papà uccise una vecchietta che convinta d'essere Mennea si materializzò sul parabrezza la colpa fu mia. E' per quello che io da allora non guido più. Subii il processo. Non mi ritirarono la patente, ma lo fece mio padre. L'editto si trasformò in uno scisma, venni promosso da terrorista a diavolo incosciente. Nessuno mi chiese come andarono i fatti. Se per caso fosse colpa della vecchietta. "Avresti potuto uccidere tuo fratello più piccolo". Tipo che Tommaso se t'ammazzavi tu, pazienza. Io avevo la patente quindi io guidavo e io avendo ucciso, non avrei più guidato. Guardai una sola volta Piero, ma Piero girò la faccia così come la girò per guardare la ragazza dall'altro lato della strada mentre lui, senza patente e alla guida della macchina di papà dopo un'infinita serie di ti-prego-dai-ti-prego-fammi-guidare-ti-prego-eddai,  s'ammazzava una vecchietta. E' colpa mia, sempre. Io sono l'eterno colpevole che mai professa la propria innocenza.

          Semplicemente, è colpa mia.

          Mi piace stare un passo dietro. La mia carriera è all'insegna di molti colpi di fortuna, il classico al posto giusto nel momento giusto per cui adesso sono uno dei più apprezzati consiglieri del Presidente della Repubblica. Anche al Quirinale, in molti dicono che la colpa è mia. Però nessuno ha ascoltato i miei suggerimenti. Destra o sinistra, sinceramente non saprei. Anche questa forse è una colpa. Mi piacerebbe pensare che lo Stato pensasse ai fatti suoi intorno alla libera attività economica della società, e questo è certamente un pensiero di destra. Sono convinto che la gente dovrebbe essere libera di morire come meglio gli pare e poter rifiutare cure inutili e dolorose, allora sono di sinistra. E sono di sinistra intorno alle Università e per quel che riguarda le carceri sovraffollate. Vorrei però che tutti potessero avere un giusto processo e i colpevoli scontassero una giusta pena. Cazzo se sei un delinquente devi stare in galera e se ti condannano a dieci anni ti devi passare in galera 3,650 giorni! Evidentemente sono di destra. Sì, perché sono convinto che il privato funziona meglio dello statale e perché i sindacati tutelano solo i sindacalisti. Epperò gli imprenditori hanno la tendenza d'approfittare delle flessibilità, allora sono di sinistra anche perché non sopporto gli evasori. Troppe tasse, sono di destra. Il voto a Sel è un voto perso, con i sellini non ci si ragiona, semplicemente ci si siede sopra. Magari con una qualche attenzione. Sono convinto che il male del lavoro sia la CGIL, ecco la prova che sono di destra. Mi aveva molto incuriosito quel comico, Grillo. Gli avevo anche prestato una certa attenzione. E gli avevo dato fiducia, peraltro pronosticandone il successo. Ma l'ho già detto, sono sì un consigliere ma inascoltato. Avevo detto, chiedete scusa. Presidente, faccia cambiare la legge elettorale. Presidente, non accetti un secondo mandato. Presidente per una volta, mi ascolti. Non mi ha ascoltato, ovviamente. E' forse per questo che sono uno dei consiglieri più apprezzati. E' questa la mia colpa. Secondo me non esistono più destra e sinistra. E questa è certamente una colpa della destra come della sinistra. Pensieri in libertà, scorrono inarticolatamente e paiono seguire il traffico imbizzarrito di Roma. In nessun'altra città del mondo si guida come a Roma. E nessun'altra città al mondo ha i tassisti che ha Roma. I tassisti di Roma hanno un'opinione su tutto, e te la urlano dallo specchietto retrovisore la loro opinione. Semplicemente, non si fanno i cazzi loro. Ma credo di non avere colpe in merito a questo. Credo.

"Credi in Dio?" Chiesi a Silvia.
"Credo nella maestosa e sconfinata bellezza che ci circonda, so per certo che c'è un solo cielo, così come un solo sole. C'è una sola terra, e non la rispettiamo. Probabilmente la nostra è la migliore religione del mondo ma lo penseresti se fossi nato in India o in Cina o in Iran?  E tu credi in Dio? E se sì, qual è il Dio in cui credi, quello buono e misericordioso del Vangelo o quello cattivo e vendicativo della Bibbia? Se Gesù venisse tra noi oggi girerebbe con un iPhone? Potremmo vederne la resurrezione da una telecamera a circuito chiuso? Credo nelle cose belle e nell'amore e se Dio è amore allora sì, credo in Dio. Faccio però tanta fatica a credere che l'amore giusto sia solo tra persone di sesso diverso e, a proposito di sesso ... è meraviglioso sentirti dentro e di nuovo pronto". E iniziò di nuovo a pretendere il mio amore con una maestria senza eguali, portatrice d'una bellezza indegna di tutti i maestri d'arte. L'arte quella vera, non la roba moderna o gli sfregi contemporanei. Quando finimmo iniziò a nevicare "Voglio un bacio per ogni fiocco che si posa a terra" mi disse. "Ce la posso fare, temevo ne volessi anche per quelli che si posano sugli alberi" le risposi.

          Silvia era tutto, è colpa mia?

          E' forse il momento di ammettere i tanti, troppi errori. Bisognerebbe dare un segnale tangibile di una qualche rinuncia. Ci vorrebbe una visione d'insieme, una lungimiranza che sembra non appartenere più alla classe politica e dirigente. Presidente abbiamo bisogno d'una favola. Di qualcosa di eclatante. Ci vorrebbe qualcuno molto simile a Papa Bergoglio.
"Suggerimenti?" Il Presidente Napolitano.
"Non nomi, fatti Signor Presidente".
"Lei è d'una ingenuità esemplare".
"Crede che dopo tante oscenità possa esserci qualcosa di ancor più osceno se decidessimo di puntare sull'ingenuità, Signor Presidente?" E lo dissi guardandomi la punta delle scarpe, mi parve d'avere i pantaloncini corti e le calze bianche con i fiocchi ai lati, le scarpe che stavo guardando erano quelle con gli occhi di bue. Un bambino di sessantottanni.
          Il Presidente mi lanciò uno sguardo di compassione e poi aggiunse "Da quali fatti comincerebbe?"
"Da un'utopia. Dal lavoro e dai giovani. Alimenterei il debito pubblico, farei partire lavori sull'intera rete stradale e ferroviaria. Signor Presidente a Matera non arrivano i treni. Scuola, detassazione completa per un anno su tutti i lavoratori dipendenti. Abolizione delle quote sindacali. Non abolirei le Province, ma le Regioni. Mafiosi, usurai, pedofili, assassini, corrotti e corruttori restano in galera e per tutti gli altri l'amnistia. Chiusura delle frontiere. Legge elettorale e riforma costituzionale, e per i reati contro le donne ...". Mi accorsi che stava guardandomi come uno sconosciuto pur conoscendomi ormai da quindici anni, tentava di capire un trattato sull'arte contemporanea.
"Devo andare, buonasera". E' colpa mia?

"E' proprio necessario? Se davvero ti apprezzano tanto pensi non saprebbero apprezzarti altrettanto tra quindici giorni? Inoltre è tutto pagato!" Questo disse Silvia quando le comunicai di non poter partire per New York.
"New York mica la spostano, rinunciamo e ci andiamo un'altra volta. Non è importante, è fondamentale. E' un posto d'ambasciatore, magari ci andremo a vivere, a New York, un giorno. Ci sono delle regole...".
"Regole! Cazzo, regole che rispetti solo tu! Ormai sono tre anni che rimandiamo il matrimonio per le tue regole che, ti ricordo, non ti hanno fatto accettare la vice presidenza del consiglio che è andata a quello là che le regole non le ha mai rispettate!" Era furiosa, ma persino con tutta quella furia negli occhi era meravigliosa, semplicemente era Silvia.
"Ok, hai ragione sul fatto che è tutto pagato, potresti andarci con Piero, magari". E la guardai con tutta lo dolcezza di cui ero capace. Indossava una sottoveste nera e mi dava le spalle, guardava fuori dalla finestra i colori che annunciavano l'autunno. Ovviamente non ebbi il posto da ambasciatore, però Piero accompagnò Silvia a New York.

"Non è una faccenda personale, ci mancherebbe, è il momento che lo richiede. Il Presidente preferisce rivolgersi ad un gruppo di saggi". E che saggi.

         Il traffico di Roma dipende da quello che succedeva al Colosseo, forse. Il mio autista mi accompagnerà per l'ultima volta a casa. E continuo a pensare a Silvia, e a Piero. Anche la volta che mi disse d'essersi innamorato non mi guardò in faccia. La girò dall'altro lato, come quando ammazzò la vecchietta. Girò la faccia e mi disse d'essersi innamorato. Piero s'innamorò di Silvia a New York. E New York fece lo stesso effetto a Silvia, che pure s'innamorò di Piero.

         E' colpa mia, io ho voluto che andassero a New York. E' sempre colpa mia. New York mi sta sul cazzo, e mi piace sedere sulle panchine.




          

sabato 17 agosto 2013

L'Estate, E I Ricordi D'un Posto Speciale.


          Ho smesso d'incazzarmi. Qualche tempo fa sarei diventato una bestia, oggi no. Non fa niente, aspetto. Prima o poi mi verrà in mente. Male che va leggo sull'iPod cosa sto ascoltando, tutto qui. Una volta no. Una volta mi sarei fatto venire n'attacco isterico se dopo cinque secondi non indovinavo il pezzo che stavo ascoltando. Ovviamente una volta mica mi sarei limitato solo ad indovinare il pezzo, macché. Avrei saputo dirvi i componenti della base ritmica, l'autore, i cantanti del coro e via andando. Forse perché una volta gli LP tenevano un gusto loro tutto speciale. Vuoi mettere tenere in mano la copertina di un LP o quella di un cd? Dell'iPod non ne parliamo proprio.

         Epperò, co' l'iPod ti porti appresso tutta la musica tua e You Mean Everything To Me e una volta sarei riuscito a dirvi chi era 'sta vocina che canta sopra al sax di Tom Scott. Niente, adesso niente. Sfido il mio iPod co' la riproduzione casuale e perdo sempre. Quando mi va bene, come in questo caso,  ingarro a chi è intestato il CD ma titolo e vari featuring ma manco pu' cazz!

          Fortuna vuole che ora le cuffiette mi passano la marimba di When I Give My Love To You di Michael Franks e questo ve lo riconosco pure se prova a cantare i suoi pezzi Peppino Gagliardi... Only you can make me feel when you ... di che anno è? Forse del 1985, quando già iniziava a piacermi meno. Mica potevo sape' che la musica si sarebbe tanto ammalata da costringermi a rivedere tutti i giudizi sulla musica degli anni 90!

           Ta da dam ... e bravo l'iPod, questa è roba bella bella anche se leggermente posticcia, questo è coso, quello che pure teneva la carriera funky parallela, quello col fratello trombettista che a sua volta si menava a quella pianista brasiliana, questo è l'album di ballad, roba classica, very cool e molto wonderful, ma non mi ricordo, maledizione e maledizione, non mi ricordo come cazzo si chiama. Una volta sulla spiaggia, mentre Gianluigi sforbiciava, ci avrei detto a Lucio pure i nomi dei microfonisti e invece  mo' manco mi ricordo il piffero del nome del sassofonista maledizione mi sa pure che è morto, poveretto, Michael Brecker! E se il tuo cervello non ti riesce più a suggerire Michael Brecker co' The Nearness Of You, dove assieme a lui ci suonavano Herbie Hancock e Pat Metheny e Jack DeJhonette e Charlie Haden e in un pezzo c'era pure James Taylor e infatti ecco che tipo come a 'na specie di iPodesca magia arriva proprio James Taylor nel momento in cui sono al  cancello della Spiaggia Nera.

           Saranno ventanni che manco da 'sto posto, sembra 'na roba alquanto strana dover citofonare per accedere a 'na cippa di spiaggia ma Maratea tiene regole tutte sue.  

          Un improbabile bagnino dal nome altrettanto improbabile, Vicente, si avvicina armadiescamente a me mentre ancora mi gira la capa per i troppi gradini fatti e mi chiede in inglese se voglio un ombrellone e cosa m'ascolto. E al cospetto del bagnino co' gli occhiali da Men In Black faccio la figura del coglione, sarà per i gradini, sarà per la bellezza selvaggia di questa magica spiaggia, sarà perché adesso l'iPod mi fa ascoltare Save It For A Rainy Day di Stephen Bishop, sarà quel cazzo che sarà io ci rispondo a Vicente "Prego?" e quello s'allarga le braccia.

"O vuoi l'ombrellooone?" Mi dice Vicente co' tutte le o aperte più di tutti i mercati valutari della terra.  
"Sì, grazie". 
"Tieni la faccia conosciuta, che t'ascolti?" Nel mentre s'avvia alla prima fila col passo d'un condottiero d'altri tempi. Solo adesso noto il suo pantaloncino in decisa controtendenza. E' quasi un modello ascellare, come a dire amici miei io la panza non la tengo per cui i costumi a vita bassa, quelle ricchionate, li lascio a voi.

           Mentre prendo posto sul mio lettino, Vicente si complimenta con la mia scelta musicale e attacca a ragiona' di filosofia dopo avermi spiegato alcune regole di macroeconomia non senza avermi informato che parla correntemente sette lingue.
"Vicente!" Lo richiamo dopo essermi ripreso.
"Dimmi". 
"Sempe' tieeeni 'stu cazz' i  accendo marateooota, ah!" Mi punta il dito, allarga le braccia e se ne va.

         E solo adesso la vedo. E' in acqua. In quell'acqua che non è blu ma verde quando non azzurra perché 'sta spiaggia è come uno specchio senza fine dove la beffarda verde e rocciosa natura di 'sto posto è solita soffermarsi a lungo per autocompiacersi di tanta meraviglia.

          Ironside di Lars Danielsson, Bugge Wesseltoft & Nils Petter Molvaer attacca nel preciso istante in cui m'accorgo d'uno scoiattolo biondo col costume fucsia che s'inerpica su un costone di roccia  dal quale, conquistatane la vetta, si lancia con una piroetta in mare, mentre il sole lo guarda e ci trasforma 'sto ragazzino biondissimo in una spiga di grano che volteggia in controluce fino ad impattare in acqua in un trionfo di bianca schiuma. Si chiama Sebastiano, la spiga di grano.

           Maratea.

           E lei è sempre in acqua.

          E' bella come trentacinque anni fa. No, di più. Il suo sorriso è ancora più disarmante. E' un arma, il suo sorriso. 

           A Wilderness, Laura Nyro e non sento il caldo. Vedo un viale di stelle sul mare, il riverbero di tutte le luci dell'amore del mondo. Il sapore di labbra mai baciate e sempre sognate, giorno dopo giorno, estate dopo estate, il suo sorriso. Ogni tuffo era per lei anche quando lei in spiaggia non ci veniva proprio perché l'avevano invitata per una gita in barca. Ogni bacio era per lei, mentre baciavo tutte tranne lei. Ah ah, adesso sembra che l'iPod stia a prendermi per il culo Classic, Adrian Gurvitz ... I'm an addict now, an addict for your love, quasi quasi mi alzo e te lo vengo a dire. Sì, mi alzo e vengo in acqua da te. Magari quello che ti sta vicino è tuo marito, ma io ci vengo lo stesso. Mi alzo e vengo in acqua da te. Vengo a dirti che da trentacinque anni, ogni giorno, penso a te. Vengo a dirti che sono trentacinque anni che faccio l'amore con te con persone che non sono te. Mi tuffo in acqua e ti dico che in trentacinque anni non ho mai incontrato un sorriso come il tuo e te lo dico tra le stelle del mare che illuminano i tuoi occhi. 

           Mi alzo, e dopo due passi resto immobile. Il fuoco. Hey Now, Adriana Evans un'altra delle troppe meteore nelle orecchie e il fuoco nei piedi. Che coglione, non si può camminare sulla Spiaggia Nera a piedi nudi. Manco Giucas Casella, che coglione.

            Ma lei è ancora lì, e Michael Jackson canta I Can't Help It e vuoi vedere che s'è creato a tipo nu collegamento sinaptico tra la capa mia e le cuffiette? ... I wouldn't help it even if I could ...

          Per tutti i ragazzi eri come è l'Isola di Santo Janni per le barche. Ti stavano tutti intorno, conquistavi tutti. Il tuo sorriso iniziava dagli occhi, quelle due fessure a mandorla d'una bellezza ipnotica. E il tuo modo di parlare, di piegare la testa da un lato nel preciso istante in cui t'aprivi nel sorriso dei sorrisi ... If only I can find the way ... so give us an answer ... Lord Is It Mine, Supertramp con i jeans e il pullover blu perché a Ferragosto a Maratea pioveva sempre e sulla vespa faceva freddo. E io ti guardavo, incantato.  Eri come circondata da cento angeli, ognuno dei quali muoveva nella giusta direzione un tuo capello, alzava la tua mano, girava la tua testa.

            E sei ancora lì, e sorridi, e sorridi, e sorridi. Sono certo che la vita è stata vita anche con te, ma tu sorridi. 

           All Alone, Sylvia Stiplin che però, caro il mio iPod, non c'entra manco per il cazzo!

"Ehi, ma ciao, come stai? Quanto tempo!" Paolo, sempre gentile. Diversamente avrebbe detto che il mio corpo s'è fatto preciso il raddoppio. E c'è sempre un Super Santos, sulla spiaggia. Oggi come allora. Quindi, dov'è che abbiamo sbagliato? La colpa è solo nostra se il mondo è 'na merda o la colpa è sempre, oggi come allora, di qualcun altro?

          The Lady Don't Mind ... who knows who knows what I'm thinkin', Talking Heads nelle orecchie e tu negli occhi, in acqua e com'a nu cazz di Baglioni vorrei sapere come stai e chi t'apre lo sportello che poi, magari. Quella canzone parlava di due che assieme c'erano stati, noi no. Ma io ti amo, eccome.

           Heaven Must Be Missing An Angel, Tavares e che banalità! Magari adesso lo spengo 'sto ciuccio d'iPod chissà non sia tutta colpa sua, forse se tolgo le cuffiette la magia finisce. Sì, e comincia il tormento che magari col cervello che non t'accompagna ti metti e canti.

          E a proposito di cervello, ti rendi conto che la stai fissando da un'ora, a tipo maniaco? Sarai un coglione? E se il mio cervello è malato, come sta messo quello dell'iPod che mo' se ne viene co' Ordinary People di Neil Young? Ecco, scegli una canzone e fagliela ascoltare e poi le chiedi se si ricorda di te. Zitto, sei un coglione!

            Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella volta che c'incrociammo sulle scalette che da Piazza del Gesù portano sul marciapiede di Moda e Mare.
"Ciao"
"Ciao"
"Vai di fretta?"
No che non vado di fretta, e se hai bisogno ti porto sulle spalle e in ginocchio fino al Cristo e poi torniamo giù, se ti va siediti sul muretto e ti sbuccio un miliardo di pinoli, se vuoi mi riempio la bocca di miscela e vengo a sputartela nel serbatoio del tuo motorino che è a secco. Ma siccome sono un coglione, ti dissi "Sì, scusa ci vediamo dopo".

           Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella volta, al Macarro. Al tramonto, ancora in spiaggia. 
"Giochi con noi a pallavolo?" Proprio mentre Gianluigi mi dice "Vieni a crossare?" Attaccati al cazzo Gianluigi, fateveli da soli i cross e non perché per una volta m'andrebbe di colpire di testa invece che crossare ma perché voglio giocare a pallavolo con quella che sarà la principessa della mia cazza di vita. Ma siccome sono, be' lo sai già cosa sono amore mio, ecco che allargai le braccia e piegai la testa da un lato e con un sorriso beota corsi a fare i cross.

          Wouldn't It Be Good, Nik Kershaw ... even if it was for just one day ...

           Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella sera, al Santo Janni che ancora oggi credo sia uno dei posti più belli del mondo per una discoteca sul mare. Come sempre, ero seduto. Come sempre, bevevo coca&whisky, che bevanda di merda!
"Ciao"
"Ciao"
"Come va?"
"Tutto bene, tu?"
"Si, diciamo di sì. L'estate è quasi finita, dove andrai all'università? Balliamo?"
Mi metto a studiare per te, porca cacca. Vengo all'università dove vuoi tu e ti copio a mano tutto quello di cui hai bisogno ma perché mi chiedi di ballare? Ti rendi conto di quant'è ridicolo un ragazzo che balla e non sa ballare? Perché?

          Watcha Gonna Do?, Pablo Cruise.

          Perché? Perché non ti sei alzato? Perché non le hai preso la mano e non l'hai portata alla balustra a guardare l'isola alla luce della luna? Perché non hai lanciato contro un albero quella cacata di coca&whisky e non le hai detto che sono cinque anni che l'ami? Perché non hai preso quel meraviglioso viso tra le mani e non hai baciato quegli occhi perfetti fino all'alba, cazzone! Perché?

          Adesso è lei che ti guarda. Starà pensando non può essere lui, non può essere ingrassato così tanto ... Call you telephone far away ... Come On Home, Pages e se non ti alzi adesso, quando? Sono trentacinque anni che vinci il premio di coglione dell'anno, il record è tuo, non te lo toglierà più nessuno, alzati. Alzati, porco Giuda!

           Motion, Allen Toussaint.
"Papi, abbiamo fame. Ci compri due friselle col pomodoro?"
"Tieni". E metto in mano a mia figlia una banconota da dieci euro che mia figlia si guarda come fosse un pezzo di carta igienica usata!
"Papi, una frisella costa 8 euro e poi un succo e poi un gelato, fai tu!" E mi guarda come l'ultimo dei pezzenti. Vicente, 'a filosofia d'u Men In Black mo' che t'acchiappo! E con dispiacere saluto l'ennesimo foglio da cinquanta euro che s'allontana da me mentre Mr. iPod propone Honeymoon Day degli Arrested Development.

          Non ce la faccio più, sei ancora lì in acqua. E quel sorriso. Chissà se ricordi anche tu.

          E quella volta. La volta della festa. Quella volta avevo deciso. Te l'avrei detto alla festa. La festa a casa di ... porca miseria, non mi ricordo ... accidenti, è entrata in acqua adesso, ti sta salutando ... come diavolo si chiama ... la festa, i preparativi durarono una settimana. E io ero determinato. Ti avrei chiesto di metterci assieme. Avrei messo jeans e camicia bianca. Sarei arrivato puntuale alla festa, cioè sarei arrivato per primo. Avrei aspettato. E non appena tu fossi arrivata t'avrei presa in disparte e ti avrei chiesto di stare assieme. E avevo deciso che sarei andato via subito dopo. Da solo se, come probabile, tu m'avessi detto no. O con te, se per un miracolo della vita tu m'avessi detto sì. E t'avrei portata sulla spiaggia, e t'avrei baciata e baciata e baciata. Ma quella stronza che tu adesso baci al posto mio, quella granda grandissima stronzazza non m'ha invitato alla festa. Fui l'unico della spiaggia a non venire alla festa. Fui l'unico a non essere invitato.

          E adesso tu sei lì, in acqua davanti a me. Bella più di allora. E io vengo in acqua, vengo a chiederti se ti ricordi.

          We've Only Just Begun, Carpenters

"Papi, mi porti i sandali?"
"Arrivo". E dopo vado in acqua dall'amore mio. Quanto ci vorrà per fare dieci metri? E poi per farne venti, di metri, per andare in acqua. Da lei.

         Ecco, venti metri. Sono in acqua adesso. La mia silhouette sembra perfetta mentre volgo le spalle al sole che ti illumina mentre sgocciolandogli sul viso baci un uomo sotto l'ombrellone dell'ultima fila.

          E dal bagnasciuga guardo questo cazzo di spettacolo che la Spiaggia Nera offre gratuitamente a chi le va incontro dal mare, e penso a tutti quei gradini. All My Lovin' di Cheryl Lynn mi suona in testa anche se l'iPod l'ho lasciato sul lettino.

          Anche quest'anno il premio è mio.





lunedì 8 luglio 2013

Ti Restano Diciotto Mesi Di Vita, Goldrake a Londra.


Per Roberta, La Profumeria Adriana


          Sono un tuttologo, e posso permettermelo. Non mi sopporta nessuno, e ti credo. Della qual cosa, cioè che non mi sopporta nessuno, me ne sbatto altamente. Nemmeno chi mi frequenta mi sopporta. Perché chi non mi sopporta continui a frequentarmi resta tuttora un mistero irrisolto. D'altronde mo' mi ronza nel cervello a Michael Jackson con We're Almost There, e pur essendo un tuttologo ho da tempo smesso di cercare una spiegazione a tutto. Perché Michael Jackson hai voglia che ne ha cantata di roba, e allora perché questa?

          Io invece non riesco a fare un elenco dettagliato delle cose che non sopporto, sono troppe.

         Quelli che pensano di essere i miei amici mi chiamano Actarus, lo fanno pensando di farmi un piacere. Un modo come un altro di adularmi. Per inciso, ovviamente non sopporto essere adulato. Sul fatto che mi chiamano Actarus anche qui, me ne sbatto.

          Ho cinquantatreanni e guardo in continuazione i cartoni di Goldrake, ecco perché Actarus. L'alabarda spaziale avrei voluto averla con me nello studio del Dottor Pelica, luminare oncologo, ovviamente meridionale, quando con la faccia del fondo schiena dei macachi m'ha detto "... al massimo diciotto mesi". 

          Non sopporto gli stereotipi e i provincialismi. Non sopporto la sciatteria. Non sopporto la banalità. Non capisco perché i medici debbano indossare a carne quelle orribili tutine verdi peraltro con lo scollo a V dal quale scollo fuoriescono immancabilmente enormi ciuffi di peli arruffati, trovo che sia un'offesa senza pari al buon gusto. Il mio cervello adesso mi propone Got To Give It Up di Marvin Gaye ma i peli che escono dalle verdi tutine dei medici mi fanno schifo anche co' Marvin Gaye in testa.

          Quando sto nervoso, ovviamente sto spesso nervoso, vado in cerca di profumi. Il fatto è che voglio sentirli addosso agli altri, i profumi. Perché fondamentalmente avverto il bisogno di redimere tutta quest'umanità letamosa. La vera globalizzazione è l'indifferenza al bello. Circondati dalla sciatteria. Napo Orso Capo non lo fanno più. E io spero d'imbattermi in qualcuno con un profumo che mi porti altrove.

         L'altrove dove mi trascina il luminare meridionale, Pelica, è indescrivibile. Non ho bisogno di nessuna giustificazione per non sopportare a Pelica. Tantomeno di aggravanti. Non è che lo tengo sul cazzo perché mi ha detto che devo morire. Lo sapevo da me, che devo morire. Magari è un po' presto, tra diciotto mesi. Tant'è. Ma il profumo che usa il luminare. Perché? Chi glielo sceglie? Lo compra da solo? Glielo regala l'assistente vintage? E perché ne mette così tanto?
        
        Non sopporto un cameriere maleducato e meno che meno chi tratta maleducatamente un cameriere. Insomma, non sopporto la maleducazione e sorvolo su quanto possa essere stupido trattare male chi prima o poi ti porterà del cibo che tu mangerai.

          Non reggo le conversazioni, mi stanco. Mi annoio a morte a sentire parlare gli altri. Dicono solo scemenze. Il livello del mondo è basso. La gente è ignorante. 

          Fondamentalmente comunque, me ne sbatto. 

          Diciotto mesi, al massimo. 'Sto Pelica. Avesse aggiunto un mi dispiace avrei potuto ucciderlo. Magari mentre gli affondavo il maglio rotante in mezzo agli occhi gli canticchiavo va' distruggi il male va, e poi aggiungevo che sempre diciotto mesi in più di lui campavo. Ma invece quell'insulso dottorucolo peraltro munito di lenti senza montatura, come se vi fosse cosa più sciatta che indossare un paio d'anonimi occhiali senza la montatura, non ha aggiunto altro. Al massimo diciotto mesi. Un minimo d'imbarazzo. Poteva accennare un sorriso. O abbassare la testa. Macché, fiero come a Mel Gibson col gonnellino a scacchi e la mazza in mano mi ha guardato in faccia e mica ha spostato lo sguardo. Magari è tifoso della Juventus. Gli occhiali senza montatura. La segretaria vintage. E il profumo puzzante. Un arrogante trionfo di vetiver e sandalo e muschio come fusi in uno yogurt di pessima fattura e scaduto da tempo. Peraltro lasciato pure in frigorifero. E senza coperchio.

          Come si fa a essere tifosi della Juventus, che assoluta uniformità di mancanza di stile.

          Diciotto mesi, al massimo. E quasi stavo per chiedergli scusa. Scusami grande luminare juventino se ti firmo un assegno di diecimila euro per sentirmi dire che mi restano diciotto mesi di vita. Al massimo. E provo tristezza per il mio assegno che adesso è stretto dalle mani che puzzano di yougurt andato a male che lo passano alle unghie col french fluo della segretaria vintage. 

         E, chiedo scusa, tipo quel al massimo come lo interpreto, che magari possono essere diciassette? O forse quindici? Magari invece è meno di un anno, e chi può dirlo? Al massimo.

         Magari il papà di Actarus una medicina ce l'ha per questo coso che tengo dentro. Magari, e magari, e magari.

         Va, distruggi il male, va ...

        In effetti, anche gli ottimisti non sopporto. Forse perché gli ottimisti hanno sempre quel sorrisetto idiota sopra alla faccia.

          Perché ti compri la smart. Perché fumi il sigaro. Perché parli di giustizia sociale se non hai mai lavorato in tutta la tua vita. Perché usi i calzini bianchi senza essere Michael Jackson.

          Al massimo, come lo quantifichi. Al massimo, di certo vuol dire che oltre i diciotto mesi non ci vai. Questo vuol senz'altro dire al massimo. E' sicuro.

          Non puoi fare progetti mentre tutti fanno progetti. E più so' cretini, più fanno progetti. E tutti i progetti progettati dai più cretini hanno assolutamente successo.

          Il cretino è un kamikaze che spara stupidaggini. Epperò sopravvive, che razza di kamikaze è. Piuttosto è un assassino. Il cretino sopravvive mentre a te, al massimo, restano diciotto mesi.

          Che poi, non è vero. Perché ne sono già passati tredici, di mesi.

         Per cui ne restano cinque, al massimo.

         E non sopporto tutte queste visite di cortesia, gli sguardi contriti. Tutti sanno, sembra che tengono tutti un calendario appeso in fronte con i mesi già passati. Perché quelli a venire e mica si può, si parla di un al massimo, perciò.

          E tutti si autocelebrano. Tutti postano. Mi hanno aggiunto in trentacinque l'altro giorno, e in ventisette ieri mentre oggi ho già quarantuno richieste d'amicizia. Su feisbuc. 

         Ora, pur a prescindere l'imprescindibile ovvero per poco non andavi a sbattere di muso contro uno dei ventisette che ti ha aggiunto ieri ma non vi siete manco salutati, ma dico come si fa ad essere così, proprio così? Brindi con lo sciambagnino in un tristissimo lido afoso e posti la tua bella foto ovviamente fatta col telefonino per guardartela compiaciuto sul tuo computer. Ho gli amici su feisbuc, mi dici. Ma che ti prenda un crampo al culo.

         Io penso invece al massimo.

         Non sopporto le crociere, è per questo che forse quasi quasi ne faccio una. Una di quelle internazionali. Se non altro non dovrei imbattermi in qualche juventino. Ma quelli so' dappertutto. Magari ne faccio una di quelle che durano mesi tipo quattro, al massimo.

         Va, distruggi il male va ...

         Gli ostinati. Quelli che s'innervosiscono. Perché ostinarsi ad ingelosirsi quando si vede la propria ex con un altro. Non vi hanno insegnato a regalare i vostri vecchi giocattoli ai meno fortunati?

         Mi fanno schifo troppe cose, e allora tutto sommato chi se ne frega. Al massimo, quattro mesi.

        I morti sentono i profumi? Sono gelosi? Sono curiosi? Possono essere scostumati, i morti? Portano con sé la loro arroganza? Può un morto continuare ad essere tirchio? Percepisce la bellezza, un morto? Da morto potrò ancora avere nel cervello Bob Marley e Marvin Gaye e Elton John e Stevie Wonder e Quincy Jones e Ron Matlock e gli Spinners e David Sylvian e John Coltrane e Miles Davis e Herbie Hancock e i Prefab Sprout e David Bowie e Mick Jagger e Bruce Springsteen e l'iris, la rosa, la vaniglia, il pepe nero e il cocco e guarderò un Cezanne, Rembrandt, Chagall?

          Perché?

         E perché me lo doveva dire 'sto Pelica?

         E perché, se non sopporto nessuno, se tutti puzzano, se tutti sono corrotti, se il male non prende mai un giorno di riposo, se l'ovvio e la banalità trionfano supportati dall'ingiustizia, perché non voglio morire?

         Al massimo, 'sto cazzo.

         Chi davvero va per mare, ci va a vela.

         Come saprò chi vincerà la prossima Champions League? D'accordo, di sicuro non la Juventus ma vorrei saperlo lo stesso. Non dico che voglio vedere la finale, non ce la faccio più a guardare le partite anche senza audio.

         Se odio Pelica, perché ogni momento della giornata è scandito dalla sua voce "... al massimo, diciotto mesi". Tin Man degli America, I Can't Tell You Why degli Eagles, Too Much Lovemakin' di Gloria Scott e Pelica che mi canta la fine.

         Va, distuggi il male va ... Actarus, suggerimenti?

         E se rifanno Napo Orso Capo, lo saprò?

        Perché fino a prima d'incontrare Pelica 'sti pensieri non ce li avevo?

        E se sopravvivo oltre? Se vado oltre i diciotto mesi, vuol dire che so' salvo?

        L'odore d'un gran bordeaux, il suo sapore. La camicia bianca e le scarpe bicolori, lo sci d'acqua e il silenzioso volteggiare del deltaplano. Gli Adirondack in autunno. L'oceano in inverno. L'estate sulle dolomiti e la primavera a Venezia. Ad occhi chiusi sul divano. Sarà così, da morto?

        Stayin Alive dei Bee Gees, e già.

        E così, per aver voluto troppo non avrò più nulla? Aver sempre e sempre rifiutato l'amore perché volevo di più e allora alla fine di questo si tratta, il più è sempre meno quando non nulla?

        Al massimo, e da solo.

        Circondato dagli odori più squallidi, e Dio?

        T'incontrerò, Dio? Come funziona, viene James Mason con la grisaglia fumo di Londra e c'incamminiamo sulle soffici nuvole bianche anche se io non suono il piffero e non somiglio affatto a Warren Beatty?

         E potrò aspettare Pelica, sopra alle nuvole, con una roncola in mano?

         E che faccio, parto o aspetto qui?

         Questa sensazione di disagio, mai provata prima, a cos'è dovuta?

         E' un odore, non una puzza. Eppure sono circondato da gente, e come potrebbe essere altrimenti. A Londra di gente ce n'è assai, ma assai. Almeno ieri mi so' andato a vedere gli Stones. Mick è salito sul palco con una giacca a fondo nero con enormi disegni cachemire in oro. E ballava, e cantava, e tiene settantanni, lui. Per lui niente al massimo.

         Al bar del Savoy c'è una rossa che mi fissa. Gli scostumati stanno dappertutto, magari è italiana ed è tifosa della Juve. Ma è bella come Friends di Ennio Morricone. Le sue gambe fanno pensare alle dune di sabbia di quel posto in Brasile, la riserva naturale, come cazzo si chiama, che confusione, mi gira la testa, sento il cocco, e vedo n'onda enorme arrivare da dietro al divano cremisi, e come c'è arrivata l'onda al Savoy, l'ylang-ylang e l'iris, e gli occhi verdi della tipa, no sono grigi, sono fessure di luce azzurra, no sono celesti, e continuano a fissarmi, e adesso nevica sull'onda ma io suono il basso con gli Chic che cantano Good Times ma qua di good non ci può proprio essere niente perché 'sto casino nel cervello forse vuol dire che al massimo è adesso, infatti le mani della scostumata fissatrice juventina si poggiano sulle mie e sono fresche come le salviette dell'aereo quando te le portano per rinfrescarti al momento dell'atterraggio ma la verità è che tutti si cacano sotto  e sembrano fresche perché tu stai sudando come a Bonolis e ora non sento più l'umanità puzzolente, forse al Savoy l'umanità non puzza o perlomeno non usa profumi sbagliati, e sarebbe magari il caso di mettere qualche punto, ma ho paura che è tipo come nei film quando ti dicono non mi lasciare, tieni duro, stai sveglio, non addormentarti, e non posso addormentarmi perché queste che mi stringono, ve lo giuro, sono le più belle mani della storia di tutte le belle mani e tengono lo smalto trasparente e non hanno il french né quei cazzi di colori fluo, e sono morbide e sono, forse so' le mani di Dio che dice che è amore, e allora magari Dio è femmina ma come posso mai chiederci di fare all'amore io a Dio, e il profumo, e il vestito, e la scollatura, e non ha il reggiseno, però non le si vedono i capezzoli, e i capelli sono, e mi gira la testa, adesso torna l'onda, ma è n'onda di fiori, una enorme onda, uno tsunami di gardenie, ho paura, mi poggia le labbra carnose porpora e umide sulla fronte, chissà che ha bevuto, tiene il sapore del lime, voglio gridare di girarsi, stiamo per essere travolti dallo tsunami di gardenie, come può una persona così bella essere tifosa della Juve? Attenta ...

"Si sente meglio, adesso?" I'm So Glad That I'm A Woman cantano le Love Unlimited mentre Pelica con i suoi peli e la montatura assente mi dicono al massimo, e apro gli occhi e c'è la scostumata. Che è di una bellezza inguardabile, perché tutte le rosse hanno una cascata di capelli ricci che non sono ricci, perché?

"Sono morto?" Lo so, è 'na domanda da coglione e da film di serie b, ma questo m'è venuto.
"Oh, no. Direi di no. E' svenuto". La riccia rossa scostumata.
"E' italiana?"
"Sì, anche lei allora". Altro che, molto peggio. Io so' di Potenza.
"Sì, sono italiano. Decisamente". E non fissarla, non la fissare.

           Pelica, vieni qua. Dove sei, Pelica. Maledetto. O è colpa tua Dio? Adesso? Perché?  Il premio di produzione prima della morte, gli Stones il Savoy l'amore e poi mi fai morire? Quando la smetterai, Dio, di giocare con le vite nostre?

         Va, distruggi il male va ...

         Non voglio morire adesso. Voglio che mi prolungate il massimo. Voglio sapere come si chiama la rossariccia. Voglio sapere se è tifosa della Juve. Voglio sapere dove vive.

       E ora ricordo, il profumo. E' stato il profumo. E' il suo profumo, quello che sento anche adesso.

"Il suo profumo...".
"Prego?"
"Sono svenuto per via del suo profumo".
"Oh, pare di no. Sembra piuttosto che lei sia svenuto per colpa di alcuni farmaci particolarmente tossici. Questo è quello che sostiene il medico. E le assicuro che il medico è molto bravo". E mi uccide con un sorriso fatto di tutta la dolcezza della terra.
"Posso parlare con il medico?"
"Prego".
"E' lei?"
"Sì, ma stia tranquillo non c'è bisogno che si spogli". Maledetto Pelica, è pure simpatica. Maledetto Pelica.
"Ascolti, io sono molto malato. Mi restano pochi giorni di vita e ..."

         Sono steso su uno dei divani di uno dei bar del Savoy, a Londra. La rossariccia adesso si china su di me, il suo nero tubino di seta sfiora ora i miei peli del petto, e io non ho mai pregato, manco per non morire ho pregato però adesso prego, e perciò Gesù, Manitù, Giove, Budda gli alberi della terra o tutti i cieli di tutti gli universi che ci stanno, vi prego, non fatemi sudare, non fatemi fare figure di merda, fatemi sembrare intelligente, affascinante, ironico e prestante, mandatemi una app mo' stesso, e mandatemela pure co' tutti gli aggiornamenti ...

"Prima di morire, devo chiederle una cosa". Le divinità non m'hanno mandato nessuna app, ovviamente!

          Mi hanno portato in ospedale, a Londra. Non voglio mortificare le nostre strutture. La rossariccia si chiama Filomena, è di Avigliano. Ha trovato lavoro a Londra. Da noi manco a parlarne. Ve la faccio breve. Pelica è un coglione ma non perché si scopa l'assistente vintage o tieni i pelazzi che gli escono dalla tutina o perché usa un profumo che non è un profumo. Pelica è un coglione perché è un incompetente.

         Pelica s'è sbagliato. Ha confuso la mia cartella con quella di un altro. Però stava uccidendomi lo stesso con la cura che m'ha dato per curarmi da un qualcosa che non andava curato. E penso a quello con la mia cartella clinica. E penso che l'umanità è bella.

          Per cui Pelica è un coglione ma io manco ci vado, da Pelica.

          Perché Filomena s'è innamorata di me, e io sono andato a vivere a Londra.

          Ogni tre mesi torniamo a Potenza, anche se a Potenza non abbiamo più nessuno.

         O meglio, non è vero. Noi a Potenza abbiamo Roberta.

         Sì perché io non credo in Dio, mi sa che manco credo nell'amore. Forse Pelica aveva ragione. Forse Filomena quel giorno al bar aspettava qualcun altro.

         A me piace pensare che la vita me l'ha salvata il profumo di Filomena, che se anche vive a Londra torna a Potenza per comprarsi il profumo, da Roberta.

"Devo chiederle una cosa ...". E si avvicina sempre di più e il profumo è qualcosa di magnifico.
"Dimmi, bello. Chiedi pure" E le sue labbra sono quasi le mie.
"Che profumo è?"
"Virgin Island Water di Creed, disgraziato. Credevo volessi chiedermi di baciarti, ora lo farò io ma in futuro per fare all'amore con me dovrai chiederlo, e chiederlo, e chiederlo ...".

          E io bacio Filomena perché, come tutti i tuttologi,  io della vita non ho capito un cazzo. Se è tifosa della Juventus, ce lo chiedo dopo ...


   

martedì 25 giugno 2013

Maratea, simply beauty.




Maratea, alone doesn't mean lonely. Semplicemente, la bellezza.





Love, The Art Of Noise
Don't It Make It Better, Bill Withers
Pandora, Cocteau Twins

lunedì 10 giugno 2013

Fefè 'A Bellezza Ovvero La Malinconia Non E' tristezza

     
             Il mondo è come i pomodori, non sa più di niente, non tiene più sapore.

          Per tutti sono Fefè 'a bellezza, che secondo l'importantissimo parere mio è sempre meglio che Fefè 'u fico. Perché tanto mo' pure i fichi non sanno più di niente.
          Ve lo devo dire,  piaccio assai, sia ai maschi che alle femmine. Del fatto che possa o meno piacere ai maschi, sinceramente è questione irrilevante.

          I pomodori una volta tenevano un sapore meraviglioso.

          A me non importa più di tanto se tieni le finestre senza le tende, e nemmeno se tieni le tende ma le tieni aperte. Tanto io dentro casa tua non ci guardo, sono fatto così. Io voglio essere invitato a casa tua, per poterti dire che no, non ci vengo.

          Olga.

        Una volta le persone famose se n'andavano in giro con enormi occhiali da sole e cappello, meravigliose donne d'una bellezza mozzafiato portavano bellissimi foulard in testa, e le persone famose, più erano famose e più erano eleganti e discrete. Semplicemente perché se sei davvero elegante sei pure discreto. 

          Sono magro, decisamente. Tengo folti capelli biondi e lucenti, pare che sto sempre come un campo di grano baciato dal sole al tramonto, pronto per una meravigliosa fotografia in controluce con un fantastico effetto bokeh. So' magro ma no rachitico. Anni e anni di nuoto in gioventù hanno contribuito a plasmare le mie spalle senza rendermi ridicolo come i forzati del body building. E oggi arrivo ai cinquantanni in surplace. Poche rughe, qualcosina intorno agli occhi sotto ai quali non ci stanno le borse del supermercato. Gli acquerelli di madre natura si so' divertiti a copiare le acque in riva al mare della Sardegna meridionale quando non c'è vento, quindi per capire di che colore tengo gli occhi e distinguere il verde smeraldo dall'azzurro al blu notte col chiaro di luna mi dovete fissare a lungo come fanno gli scostumati o gli innamorati al primo appuntamento.

          L'interruttore del mio sguardo è sempre su dolce-malinconico, non mi sono mai sposato e dormo sempre solo. Ovviamente, non di notte. La notte bisogna guardare le cose, perché le cose di notte so' diverse. A cominciare dai rumori. La fase del questo è più bello di quell'altro è da tempo stata superata. Non c'è bisogno di dire che una cosa è più bella d'una altra, è evidente. E' evidente la bellezza, sempre. 

          Se debbo spiegarvi il bello, per cortesia, statemi lontano.

          Le certezze che ho so' poche, ma rappresentano i pilastri incrollabili del mio universo.

          Volevo fare l'attore, al primo provino, mentre aspettavo il turno mio, si siede vicino a me uno co' 'na chitarra a tracolla e, senza peraltro chiedermelo, mi fa sentire la canzone sua. Le parole erano talmente brutte che per evitare di ascoltarle ho suggerito quelle giuste. Ancora oggi, 'sta canzone è la più venduta al mondo. Milioni e milioni di copie, l'avete canticchiata pure voi almeno una volta, al cesso o in riva al mare, e miliardi e miliardi per me.

          Le mie certezze sono che so' ricco oltre ogni immaginazione ma so' pure un galantuomo certamente non adatto ai tempi nostri.

          A volte non esco proprio di casa, ed è proprio quando resto a casa che vedo le cose più belle. A cominciare dal fatto che quando decido di starmene a casa mi vesto ovviamente in maniera più elegante di quando esco. Vado in giardino piglio un fiore e lo metto nell'occhiello della giacca. Perché io ci voglio bene a Oscar Wilde.

          Non ho mai fatto uso di droghe, nemmeno uno spinello. Che bisogno c'è di drogarsi quando puoi godere dell'alba sui tetti o del tramonto sull'oceano. E senza pagare nessun delinquente. Già, ma mo' 'u drogato è uno fico, mica n'emarginato. 

         Ho una sola necessità, nuotare. Foss'anche solo nella piscina di casa. Ogni volta nuoto più a lungo, per questo preferisco farlo a mare, anche d'inverno. Bracciata dopo bracciata, a delfino, a delfino a modo mio, con lunghe immersioni sott'acqua, a occhi aperti, a scoppiare i polmoni, contro i marosi e poi risalire come a rinascere, e di nuovo sotto nell'apparente nulla ovattato e silenzioso quando non confuso e assordante mescolarsi di correnti schiumose.
          
          Non tengo paure, ma rispetto il mare.

         Mi annoiano tutti, ma li rispetto. La buona educazione è il segreto dell'esistenza. Semplice come un piatto di spaghetti al pomodoro. Ma non cacatemi il cazzo, perché è più facile essere educati che preparare un piatto di spaghetti come si deve.

          Prima di tutto perché i pomodori non tengono il sapore di una volta.

          Non tengo pazienza, ma so ascoltare. E dici niente.

         Un tempo uno parlava il meno possibile, magari anche solo per paura di sbagliare. Mo' pare che tutti tengono un irrefrenabile bisogno di portare il mondo a conoscenza dei loro pensieri. Non conosco nessuno che non ha scritto almeno un libro.

          E i salotti so' come ai pomodori, non tengono più sapore, non sanno di niente. Chiacchiere diversamente abili. I salotti so' come a tanti invalidi.

          E delle feste manco ne voglio parlare, soprattutto di quelle a sorpresa. Perché di solito le festa a sorpresa so' organizzate dal sorpresato.

          Cinquantanni, e stasera mi fanno la festa a sorpresa. Tengo forte assai la voglia di farla io, la sorpresa.

           Ci saranno tutti gli amici con le loro mogli e fidanzate e compagne. E soprattutto con i loro rimorchi carichi di tutte le contraddizioni della terra. La sublimazione dell'indifferenza verso il malaffare.

          La diffidenza. Io diffido, ma ascolto. Ascolto, ma non tengo pazienza. Semplicemente, mi rompo il cazzo.

          Diffido di chi guida col cappello. Diffido di chi guida l'auto col braccio a penzoloni fuori dal finestrino tipo n'impiccato agonizzante con le dita della mano che mimano gli ultimi spasmi.
          Diffido assai di chi quando parla sputa a raffica il proprio sproporzionato io, e io, e io, e io, e io, e tu ... e tu, ma vafangulo, vai va'.
         
          La trasgressione. Le droghe. Il sesso estremo. I club privé. Gli scambi di coppia. I collezionisti. Collezionano orribili nefandezze che cercano di spacciare per arte nel mentre artisti del malaffare spacciano droghe che mogli annoiate inoculano nei loro corpi contemporaneamente posseduti da altri corpi drogati in luoghi chiamati privé ma che di privé non tengono un beneamato cazzo di niente, a parte molti cazzi per lo più piccoli e flosci. La trasgressione, ma fatem'u piacere.

          Olga, i capelli al vento.

          La vera trasgressione è cenare alle sette e quaranticinque la sera, con tua moglie e tuo figlio. La televisione è spenta. Tuo figlio ha preso quattro al compito di italiano. E tu gli spieghi che non è una cosa buona, e manco ti passa per il cervello di andare a protestare con la professoressa. E magari ci dai pure 'na sberla, a tuo figlio. E tuo figlio pensa di fare una scenata. Pensa di giocare a fare il disadattato, il dissociato. Vuole prendere la tovaglia che è sempre la stessa da sedicianni e la vuole scaraventare sopra al soffitto per guardarla atterrare sui disastri appena iniziati come un paracadute a scacchi bianchi e rossi. Invece tuo figlio decide di non gettarsi in volo, e si ricorderà dello schiaffo che gli ha salvato la vita mentre il prete, con il più improbabile degli accenti dice, guardando una modesta bara nella quale poche ore prima ti hanno rinchiuso, che eri un uomo buono.
          E tuo figlio non piange, ma sorride malinconicamente. Perché tu sei stato un trasgressore e ci hai insegnato l'educazione. Ci hai dato il dono più grande, l'educazione. E ci hai fatto capire che essere buono è la più alta delle forme d'intelligenza.

          Una sola canzone, peraltro le sole parole di una sola canzone. E mi posso permettere di attraversare scalzo l'enorme patio in teak che separa casa mia da una sottile linea di borotalco alla vaniglia che molti chiamano spiaggia, e sono in acqua nel preciso istante in cui anche il sole si lascia scivolare delicatamente a mollo. E mi soffia la sua scia ambrata, così tengo la mia personale corsia preferenziale verso l'orizzonte.

            E nuoto, nel pomeriggio ormai stanco e sopraffatto del giorno del mio cinquantesimo compleanno.

             Vorrei delfini e gabbiani appresso a me. E no 'sti pensieri scomposti.

           Ad ogni bracciata, un pensiero.

           Olga, seduta co' me sopra a quel muretto che delimitava l'accesso alla piazza del paese. Il parcheggio per gli ospiti di casa mia è cinquanta volte più grande di quella piazzetta. Non c'era posto per tutti, sopra a quel muretto. E se riuscivi a stare seduto per dieci minuti avevi fatto il record. Perché quello era un muretto per i cazzi dei fachiri. Non era levigato, e quando ti ci alzavi da sopra non potevi fare a meno di grattarti compulsivamente il culo.
            Olga, quando ci alzammo io il culo non me lo grattai.

           Non mi piace lo champagne. E nemmeno il caviale. Non mi piace l'aragosta, mi piace il pane del forno a legna. Mi piace la maionese ma non sopra alle patatine fritte. Non sopporto l'arredamento minimal e tengo sul cazzo chi grida. Perché gridi?

           Perché i ristoranti consentono tavolate di più di otto persone, perché? Perché devi andare il sabato sera in pizzeria, e ci devi andare con i bambini, e i bambini non li fai stare seduti a tavola, e devi urlare mentre tieni il pomodoro della pizza che ti scende dall'angolo della bocca tipo la peggiore delle scene pulp, e perché tutto ciò ti riesce senza provare nessun imbarazzo.

          Olga, ti chiesi d'andare a guardare il tramonto.

         Voglio un decreto legge che punisca con la reclusione fino a due anni chi compra la cintura d'Hermes e non ci cambia la fibbia, e se ne va in giro come a un coglione con un'enorme acca a richiamare l'attenzione sopra a un cazzo certamente piccolo.  Che deficiente.

         Olga, andammo a guardare il tramonto e tu tenevi gli occhi lucidi. E il mio cuore era  una mandria di purosangue neri dal pelo lucidissimo, galoppavano imbizzarriti senza alzare polvere.

          Perché ci si sposa a luglio, al mare. E' volgare come un paio di gambe fasciate da calze velate a maggio.

           Diffido di chi si spinge oltre la misura.

          Qual è il processo cerebrale che ti spinge a rifarti le tette. E soprattutto perché te le rifai male, le tette. E perché pensi che io possa avere un qualche interesse a guardare le tue tette rifatte male?

          Mi piace il tennis, non il wrestling. I tennisti di un tempo avrebbero potuto giocare a teatro, con le musiche di Tchaikovsky. Una partita a tennis era come un balletto. Oggi il tennis è urlato come urlate sono le tragedie al telegiornale.

          E continuo a nuotare verso il sole che sembra voler mantenere la promessa dell'invito che mi ha fatto mandandomi la sua scia, ti aspetto m'ha detto. E nuoto.

          Trovo inconcepibile la totale incapacità d'emozionarsi guardando un film o ascoltando Brahms.

       Conosco uno che ha scritto un romanzo, discreto. Ma non ha tenuto fortuna anche se è stato pubblicato dalla più famosa casa editrice. Non ha venduto, semplicemente. Siccome il padre era ricco da fare schifo, perché non esistono ricchi così e così. Se sei ricco, sei ricco da fare schifo, sempre. Ebbene ha continuato a scrivere, ma ha scritto solo cagate pazzesche e tutte uguali. Romanzi come a tanti stronzi seriali. Poi ha trovato un cesso capace di contenere a tutte le sue merde. Ce lo ha comprato il padre, al cesso. E il cesso, che era in vetrina dentro al negozio degli aristochic critici letterari, è riuscito a spacciare per capolavori le sue cacate. E così t'hanno vinto il premio Fattucchiera. Merde allo sbaraglio, per la faccia sopra a un magazine.

          L'incapacità di sforzarsi di provare a capire le persone. Accettare le diversità.

          Come è possibile che i ricchioni so' tutti belli.

          Con il mare forza sei il bagno non lo si deve fare. Olga, mi tuffai tra i marosi per farmi frustare dalle onde davanti a te. Mi pare strano ancora adesso capire come è possibile che non sono morto quando per tre volte provai ad emergere tra i flutti mentre un risucchio involontariamente mi richiamava a sé aiutato da immense bolle di schiuma bianca. Trattenuto, frustato e sbattuto contro la mia volontà. E poi l'aria. E le tue lacrime, salate come l'acqua che non voleva lasciarmi andare ma piene d'aria. Olga.

         Odio i serpenti, e mi fanno paura. Forse è per questo che non sopporto chi striscia.

         Le sfumature. Perché vieni a cena a casa mia con i mocassini marroni? Perché mi inviti a cena a casa tua e mentre mi fai bere vino italiano, notoriamente inferiore a quello francese, mi dici quanto hai pagato 'sta cazza di bottiglia di merda?

         Come è possibile essere incapaci di difendere pubblicamente un amico.

         La filosofia della comitiva, che trova la sua propria auto celebrazione nel poter dir male dell'assente di turno.

         Non tengo il gene dell'adeguamento. Non tengo la capacità d'adeguarmi. Un minimo di tolleranza sì, ce l'ho. Ma non mi riesco ad adeguare.

         Come è possibile che la barba incolta sia passata dall'essere evidente segnale di sciatteria a sinonimo di macismo fico. Stereotipi e neologismi, ma non mi cacate il cazzo.

          Olga, volevo portarti a cena e mi dicesti no, portami a vedere l'alba da sopra alla barca in mezzo al mare. E alle quattro del mattino rubai 'na barca e in mezzo al mare guardammo le stelle in cielo che parevano segni di punteggiatura sopra un foglio in attesa d'essere presi e sistemati tra le pagine della vita. E proprio quand'era più buio del buio, arrivò il sole.

           Perché ti compri la macchina per farla guidare dall'autista. Perché ti compri la barca per farla portare al marinaio. Perché ti compri la barca per stare fermo nel porto.

            Diffido di chi non usa appropriatamente gli aggettivi. E tengo sul cazzo chiunque sente una tromba e dice che gli ricorda a Miles Davis. E i pomodori non tengono più il sapore di una volta.

          Mi manca Ennio Flaiano e penso agli amici. Gli amici della festa a sorpresa.

          Salvatore, che voleva fare l'istruttore. L'istruttore di scuola guida. Stava sempre arrapato, Salvatore. E sosteneva che non poteva esserci lavoro migliore di quello dell'istruttore di scuola guida. Vedere 'na femmina che siede al volante. Alza leggermente la gonna e divarica le gambe. Si mette la cintura di sicurezza che divide, alza ed esalta le zizze. E mette la mano sul pomello della leva del cambio. Ancora oggi nessun filosofo della femmina è riuscito a ribaltare la teoria di Salvatore. Peraltro Salvatore ha fatto progressi, assai. E' uno dei più pagati chirurghi estetici del mondo. Ovviamente, la sua specialità so' le zizze.

           Cervello e cuore, materia grigia e sangue. Tutte le femmine del mondo, anche quelle che ancora devono diventare femmina, e Olga. La materia grigia, il cervello, stanno là. So' immobili. Non fanno un cazzo di niente, semplicemente pensano. Se sei fortunato. Il cuore fatica come a nu dannato. Pompa sangue per tutta la vita. Il sangue tu ce l'hai ovunque, pure dalle parti del cervello. Il sangue corre, scappa, si muove. Anche se sei sfortunato. Pure se sei un coglione tieni cuore.

          E' bellissimo nuotare mentre piove. Nessuno lo fa. Pare che è difficile sapere ciò che va fatto al momento di farlo. Io invece ho sempre saputo cosa andavo fatto, quel che dovevo fare. Semplicemente, troppo spesso non l'ho fatto e tanta cazz.

          Olga, gelosa da fare paura. Diceva che ero bello e intelligente. E la trovava una combinazione insopportabile ed ingestibile. Ero affascinante, diceva. Ma soprattutto diceva che tenevo talento, assai. Perché già allora io ero Fefè 'a bellezza. Olga, non ne voglio talento. Il talento non serve a un cazzo. Col talento non vai da nessuna parte. Olga, voglio la fortuna. Non il talento.

           Ci hanno messo più di trentanni per capire che Giovanni Giorgio Moroder è un genio.

          La vita è solo questione di culo, e non c'è bisogno di pensare alla penicillina per capire che tengo ragione.

          La scia ambrata è sparita, c'è assenza di colori. E' tutto assolutamente indefinito, imprecisato. E' un blu non blu. Nuoto da tanto ma non sono stanco e nemmeno voglio tornare indietro. Lo so che se mi giro la casa non la vedo.

          Ho sempre tenuto fascino, e potere. Il potere più grande. Il potere di mandare a fare in culo chi merita di esserci mandato.

          Ad Olga non piaceva bere, era l'unico difetto che teneva. Della moltitudine imprecisabile delle femmine che mi hanno voluto non ne ricordo un'altra che non ci piacesse bere. Sì, che mi hanno voluto. I maschi coglioni usano dire che si sono fatti a quella e quella e quell'altra. Pochi hanno la consapevolezza che sono loro che aprono le gambe quando vogliono aprirle. Olga diceva che l'autocontrollo andava salvaguardato. Se andiamo a cena e vuoi bere, allora ci andiamo a piedi o prendiamo un taxi diceva. Olga era pur sempre 'na femmina ed in quanto tale un tantino rompicoglioni.

          Tutto ciò che viene fatto in nome e per conto di due Regine, Inesperienza e Buona Fede, deve essere sempre perdonato e giustificato.

            E' inspiegabile come possa esservi una tale moltitudine d'inetti peraltro mal vestiti e per nulla ironici tra coloro i quali ricoprono a vario titolo ruoli dirigenziali.

          L'umiltà va esercitata con parsimonia. Non c'è nulla di peggio che frequentare un tirchio.

          L'ironia, e soprattutto l'autoironia dovrebbero essere quotate in borsa.

         Prima di morire spero d'incontrare qualcuno che mi dice che sì, è stata colpa sua e basta. Non è colpa di nessuno, solo mia. La colpa è sempre di qualcun altro.

         Olga, tenevi quel vestito bianco co' i fiori rossi e le ballerine bianche e il sorriso come a la porta del paradiso.

          L'indignazione. La banale capacità d'indignarsi. Volata via come un aquilone il cui filo sfugge di mano al bambino che lo controllava sorridente e adesso fissa il cielo esterrefatto senza riuscire a piangere.

           Trentanni fa Olga. Mi hai baciato e hai attraversato la strada. E io ti ho richiamata. E tu ti sei girata. Dando le spalle a un ubriaco convinto di guidare una astronave invece teneva in mano il volante d'una 127 di merda il cui cofano ti ha centrata in pieno nella schiena a novanta all'ora. Olga, hai sempre rotto i coglioni a tutti che non si deve bere e poi guidare.

            Mi hai lasciato, Olga. E non è giusto. Proprio no, manco per il cazzo che è giusto.

            E io me ne sto qua, immeritatamente in mezzo al mare. Non vedo più nulla, c'è solo il mare. E come si fa a dire che il mare è il nulla. La casa non la vedo. Gli amici stanno pronti. Per la festa.

           Olga, non ce la faccio a tornare. Non saprei che direzione prendere e ho pure freddo.

          E in tutto questo, i pomodori non sanno più d'un cazzo.



lunedì 3 giugno 2013

Amiche


          Non ho un problema particolare, è solo che mi annoio a morte e nella vita mi è sempre andato tutto fin troppo bene.

          Mi chiamo Annamaria Verrolla e sono nota come Ah. Appartengo alla bella società. Of course.

         Vi dirò la verità, 'sta cosa di Ah ora come ora non mi secca più di tanto. I primi tempi, quando lo venni a sapere, saltai su tutte le furie. Poi ci ho fatto l'abitudine. Anche perché, parliamoci chiaro, è vero. Voglio dire, la faccenda di Ah. Mi chiamano Ah perché Ah è il mio grido di battaglia quando mi faccio sbattere. Sì, perché a me piace assai assai fare all'amore. 

          Ero piccolina, allora. Tenevo sedicianni e mi chiusi nel bagno con tre amici miei che a loro non gli sembrava vero. Un cannone e tre cannoncini tutti dentro alla bocca mia. E quando godo io urlo forte Ah e Ah e Ah e Ah, e lo urlo forte forte pure quando non godo. Insomma io basta che faccio all'amore e faccio Ah.

         Vi giuro, non lo so con quanti ho fatto all'amore nella vita mia. Adesso tengo trentadue anni e mi sono sposata a un pezzo di babbione di 48 anni e ci ho fatto un figlio. E sto per farne un altro, di figlio. Ma non è del babbione.

         Io m'annoio. E allora fotto e mi faccio fottere. Fotto nel senso che tengo pure un altro vizietto, roba da niente: se vedo 'na cosa che mi piace io me la piglio. Magari poi sono costretta a nasconderla, ma intanto me la piglio. Pure se si tratta di cose che appartengono a persone che il babbione si invita a casa nostra. Nostra, a dir la verità la casa è sua. Ma che differenza fa.

         Di me non è che si dica poi tanto bene in giro, ma che importa.

         Io m'annoio. Ho provato a starmene buona buona subito dopo sposata. Ho resistito un anno. Anche perché l'unico che non mi fa dire Ah è proprio il babbione, e allora che volete.

         Secondo il babbione mi vesto, o meglio mi svesto, in modo un tantino eccessivo. Io dico che non c'è niente di male se uso i pantaloni che mi spaccano letteralmente la passerina a metà. Mi sono pure rifatta un po', niente di che. Il naso, poco poco la boccuccia, e poi le extension e siccome non sono proprio alta, sì va be' so' piuttosto bassa uso i taccazzi pure quando vado in spiaggia. Anche se è un po' scomodo andare in spiaggia con i tacchi.

         E' ovvio, gli uomini mi guardano. Ma generalmente mi piace farmi quelli che non mi cacano proprio. Soprattutto gli amici del babbione, che non se ne accorge mai. A quello ci piace cucinare e invitare gente a casa. Quello cucina e mostra la casa alle mogli degli amici, e mi porto nel bagno gli amici suoi. Che mi fanno fare Ah. Qualche volta le mogli degli amici si accorgono della cosa e allora cambiamo comitiva. Se durante una cena qualcuno mi fotte, io mi fotto qualcosa dalla moglie di qualcuno. Un cappellino, una stola, un paio di occhiali, un telefonino, ma chi se ne frega io frego e basta.

          E m'annoio, però.

          Pure oggi, mi sto annoiando. E allora mi chiamo a Vitina, quella cretina.

         Vitina è talmente cretina che non s'è accorta che Angiolino m'ha fatto fare Ah. Però a Vitina io non ci ho ancora fottuto niente, a parte il marito, Angiolino appunto,  che poi è pure il padre di 'sto figlio nuovo in arrivo. Dettagli.

          "Vitina, bella che fai?"
          "Annamaria! Cara, sono in banca. Ma oggi è moscio, non c'è nessuno. E tu, che fai?"
          "Oh, nulla. Ho fatto venire mia madre a prendersi il bambino, le ho detto che non mi sentivo tanto bene e quella è corsa qua. Solo che voleva restare, allora ci ho detto mamma, fanculati fuori da qua con il pupo".
          "Ehehe eh eh eh, sei troppo forte Annamaria".
       
          Questa davvero pensa che so' forte, mi fa tenerezza la cretina che è pure cornuta: la cretirnuta! 

          "Ascolta Vitina, ma tu l'hai vista com'era vestita quella cessa di Giuliana l'altra sera? Oddio, ma sembrava davvero una disperata".
           "Mamma mia quanto tieni ragione, 'na zingara. Io capisco pure che stai attraversando un momento difficile eccetera eccetera, ma allora stattene a casa. Cioè forse quel vestito tiene più di dieci anni, gliel'avrò visto una ventina di volte ... e la borsa? Naaah".
          "Eheheheeehehe, sì sì. La borsa! Tutta rovinata, maccheccazzo, che non portartela la borsa! E che borsa poi, cazzo ma manco da Carpisa ... ma che cacata ... e nemmeno un gioiello, che pezzente!"
           "Ehehehe, e non parliamo poi del telefonino ... ma dico ... l'hai notato? Credevo che non ce ne fossero più di modelli così in giro ... hai visto poi quando l'ha chiamata il figlio ... ihihihihihihihi ... avrà urlato pronto pronto pronto forse cento volte, mi senti? E ti credo che non ti sente!"
          "Ihihihihihihihi, sì sì sì. Ma che cessa! La prossima volta non la chiamo proprio, sembra che portano sfiga, lei e quel fallito di marito che tiene".
            "Seeeeee ... a proposito del marito, guarda che l'ho notato come ti guardava ... ogni volta che t'alzavi ti fissava il culo ... n'altro poco e cacciava la lingua da fuori".
          "Ma veramente?"
          "Eeeeeeh mo', eddài ... ecché non l'hai notato!"
          "Mah, non saprei ... 'na guardatina, sì ma proprio che mi fissava ... non saprei".
          "Ueeh ... ecché ma mica t'interessa, vero?"
          "Vitina, ma che sei scema? Ma figurati ... a me quello non m'è mai piaciuto, ma ci mancherebbe".
          "Eh Annamaria, eddài ... che lo sai che ti guardano sempre tutti, eddài ... perché non ti sei accorta che quando ti sei alzata a ballare tutti i maschi ti guardavano ... eddài ma che per piacere ...".

         A dir la verità cretina d'una Vitina, eccome che me ne sono accorta mi meraviglio che tu hai notato che mi hanno guardato ma non ti sei accorta che ci ho fatto una pippa a Angiolino, tuo marito, mentre tu ti tracannavi il vino, alcolizzata d'una cretirnuta.
          "Senti Vitina piuttosto, ma tu hai visto a Daniele e Marcella ... che cazzo di faccia tosta ... come se niente fosse ... bisogna proprio esserci nati per certe cose ... cioè proprio il giorno della cena ... quello Daniele stava su tutti i giornali ... l'assessore del cazzo ... mo' se lo portano in galera e quello come se niente fosse ... a che faccia di cazzo".

          Eggià, Daniele è 'na faccia di cazzo, e tu? 'Sta grande troia di merda, Ah! Ti sei fatta chiavare da mezza città, e Daniele fa schifo. Adesso, fa schifo. Ma tutte le pratiche che ha passato a quel pesce lesso e grasso di tuo marito, quelle mica ti facevano schifo, vero? Ogni pratica nu gioiello, e il gran babbione grasso che te li compra dal gioielliere che tu ancora mo' ci vai a fa' i servizietti, e dici che gli altri fanno schifo.
          "Oh sì sì, ma quanto tieni ragione ... quelli non dovrebbero uscire proprio di casa, Marcella s'è lamentata degli arresti domiciliari, ma vattenn' che t'hanno fatto un favore a non farti usci' di casa ... che prima o poi a quello ce lo fanno nu bello paliatone!"

           "Sì sì, è garantito che glielo fanno un paliatone ... forse Marcella si lamentava dei domiciliari perché non era libera di fare salire il portiere a pulirci la canna fumaria ..."
            "Maro' ... ma veramente? Giuro che non sapevo niente ...".

           Ma sentitela, 'sta cretirnuta pare 'na Montessori come se non lo sapessimo tutti che ti sei fatta a mezza banca.
             "Eeeeh Vitina, mamma mia che devi sempre fa' la finta ingenua ... essù sù che lo sanno tutti quanti che Marcella si fa menare dal portiere ... di sicuro da un anno almeno".

            Ma che gran faccia di merda, sentitela a questa come è brava a dire chi si fa mena' da chi, ma pensa a chi ti meni tu, 'sta ninfomane zoccola cleptomane ladra, 'sta ladroccola di merda!
          "Annamaria, veramente non lo sapevo ... sembravano forse gli unici ad andare d'accordo, vabbe' ovvio oltre a te e Tonio e me e Angiolino".

          Mamma mia mo' quasi quasi te lo dico che Angiolino tuo è padre del figlio mio, che cretirnuta alcolizzata!
           "Eh se' se' ... invece no! Ci salviamo solo noi. E poi si vede proprio che Angiolino è ancora innamorato assai di te". Sì sì, assai. Proprio assai.
           "Annamaria, che lo sai, bisogna stare attente. Non ci si deve distrarre. Quello un marito se te lo vuoi tenere sappiamo come si fa, e ci mancherebbe!"

          Cretirnuta d'una cretirnuta, maronna maronna che fatica che sto' facendo, mo' te lo dico che mentre tu ti sei andata a scegliere l'ennesima bottiglia di vino da tracannarti io mi so' andata a tracannare nel bagno alla schiuma calda di Angiolino tuo, 'sta cessa.
          Meglio mantenere la calma. Preserviamo gli equilibri. Profilo basso, lo chiamano. Che volete, la buona società ha le sue regole. Andiamo, schiena dritta, testa alta e un gran sorriso.

           Ladroccola, maialazza. Fammi stare serena madonnina bella e cara, altrimenti questa ci cambio i connotati e soprattutto poi non m'invita più a casa sua. E dal momento che è l'unica che ci invita ancora,  Vitina fai la brava, fai la brava e fai la brava.

         "Una cosa te la devo dire, quando ci penso ancora che mi vengono le lacrime agli occhi, tesoro caro. Annamaria, il premio Oscar ti devono dare".

           Il premio Oscar, mi devono fare santa lurida cretirnuta che altro non sei. Santa mi devono fare che sto ancora qua a parlare con te. E t'ho chiamata io, cretirnuta lurida.
           "Amore mio bello della vita, a che ti riferisci?"

          "Gioia bella, a quando hai detto a Rosetta che sembra sempre più giovane!"

          "Hihihi, e la cosa più bella è che quella mi ha pure creduto. E poi, ogni volta che viene a casa porta qualche cosa da quella pezzente che è. Dico, hai visto? Ha portato una scatola di cioccolatini. Ce n'erano dieci dentro. Ma che pezzente!"

           "Luce dell'universo, quanto tieni ragione. Manco uno a testa. Ma dico, meglio che non porti niente proprio!"

           E già, 'sta cretirnuta devono fare tutti come fai tu che ti presenti sempre a mani vuote. 'Sta grandissima scostumata.

          "Ascolta tesoro, mi piacevano le scarpe che avevi, nuove?"

          "Sì, sì. Me le ha regalate Angiolino mio". Se', aspetta tu che Angiolino mi regala qualcosa.

          Hai capito, Angiolino mo' ti fa pure i regali. Si deve fare perdonare, il bastardo.

           "Scusa bellezza, mi suona il cellulare un attimino un attimino che vedo chi è ..." Oh, ma che bello parli del diavolo. Sarebbe simpatico simpatico che mo' ti dicessi scusa Vitina grande cretirnuta devo rispondere a quel porco ti tuo marito ci sentiamo dopo. Meno male che sono una signora.

          "Pronto? Ciao ciao, tutto bene? No, sono a telefono con Vitina ti posso richiamare? Ecco, è meglio sì sì ciao ciao ... Scusa Amore immenso, dicevamo?"

           Amore immenso, ma quant'è falsa Lady Ah, la ladroccola.
          "Chi era?" Sicuramente qualcuno che mo' te lo viene a buttare visto che hai ammollato il pargolo a quella sderenata di tua madre.

         "Uh che palle, era Manuela per la faccenda della Croce Rossa, poi la chiamo. Quella co' la scusa della Croce Rossa vuole sapere com'è andata la cena, ma fatti i cazzi tuoi e resta quell'emarginata sociale che sei!"

          Emarginata sociale, ha parlato la regina d'Inghilterra. Ma 'sta cafona arricchita.
          "Annamaria, ma che tu sei troppo buona. Dai sempre retta a tutti. Sei sempre troppo disponibile, davvero non so come ci riesci".

         E sì, mo' ti dicevo che tuo marito ha detto che tra cinque minuti sale a casa che mi porta il filoncino caldo caldo.
         "Vitina Vituccia uccia uccia, e che ti devo dire. Come si dice nolbessa oggigge, quando tieni certe responsabilità, quando rivesti certi ruoli devi saperti muovere in un certo modo. Tu mi puoi capire". Eccome che mi puoi capire, cretirnuta alcolizzata. Ma che devi capire che a te non ti caca manco lo sciacquone del cesso di casa tua.

          Nolbessa oggigge, 'sta ladroccola ignorantissima, 'sta donnaccia di strada.
          "Amore lucente, ti dico la verità non t'invidio proprio".

          Sì sì, come no. Non m'invidi proprio.
         "Oh, scusa Vitina Vituccia uccia uccia. Devo aprire la porta, mi hanno portato la spesa. Ci sentiamo dopo?"

          "Come vuoi tu, tesoro. Se vuoi aspetto in linea".

          "Uccia uccia, sai che ti dico? Hai ragione, aspetta in linea che tanto me la sbrigo bello subito subito". Eccome che me la sbrigo in fretta, mo' ti faccio vedere io.

          Che vi devo dire, io m'annoio. Mo' vado ad aprire la porta, è Angiolino che m'ha portato il filoncino suo. E io mo' me lo pappo mentre la moglie m'aspetta al telefono, magari ci sente pure, sai che sfizio ...