Sono un collezionista. Faccio il collezionista di professione.
Ho iniziato a fare il collezionista involontariamente. E' stato tanto tempo fa. Ma lo ricordo come fosse ieri.
Il giorno in cui inizia la mia collezione. Ero pronto per uscire. Dovevo uscire con la mia mamma. Era una bellissima giornata di sole, assolutamente inaspettata. Il sole da noi a febbraio è come la promessa di un politico di professione. Tu hai la certezza che potrà avverarsi anche se sai non si avvererà mai. Chiuso in casa da giorni, finalmente la parola magica. Usciamo. Poi invece, il passamontagna già infilato, squilla il telefono. E mamma mia dice solo sì, quando e va bene. Poi si piega fino a che la faccia sua non sta precisa appiccicata alla mia. Mi toglie il cappotto mentre le mie calde lacrime bagnano il passamontagna che da allora ho odiato ancor di più di quanto non abbia mai fatto prima senza sapere che c'è sempre margine per migliore un odio apparentemente immigliorabile. E sento mamma dire che deve uscire urgentemente, una cosa importante di lavoro. Io resto immobile nel corridoio di casa e la seguo con lo sguardo mentre entra in camera da letto dove si toglie i pantaloni ed i collant per indossare un paio di calze autoreggenti ed una gonna. Forse è per quello che a me le calze autoreggenti non fanno alcun effetto. Mamma mia esce e dice che non devo aprire a nessuno, che lei tornerà presto, che tornerà talmente presto che faremo in tempo ad uscire. E allora perché mi hai tolto il cappotto, penso. Però ho ancora il passamontagna. E mamma dice che adesso deve andare a va. Ma dimentica il cappotto. E' vero che c'è il sole ma non si può uscire a Febbraio senza il cappotto. E allora io decido di seguirla per portarle il cappotto. Lascio la porta di casa aperta e mi precipito per le scale con in mano il cappotto di mamma mia. E cerco di scendere le scale il più velocemente possibile. Otto piani non sono poi tanti, e invece forse sì perché l'ascensore non lo sento. E' fermo. Mamma mia è già arrivata giù. E a me mancano ancora tre piani prima di arrivare al piano terra. E forse allora non ce la farò a raggiungerla prima che esca dal portone. E non può uscire dal portone senza il cappotto. E' troppo freddo.
Ecco come ebbe inizio la mia collezione.
Da quel giorno non ho mai più messo un passamontagna, ed è forse anche per questo che odio tutti i terroristi del cazzo di questo mondo. Anche i cappotti, non li sopporto. E non scendo mai le per le scale, prendo sempre l'ascensore. E odio tutti gli pseudo intellettuali di sinistra di questa grande minchia, soprattutto quelli col pizzetto che fanno i giornalisti. Quelli che straparlano di regole e correttezza e poi sono scorretti e senza regole.
Faccio il collezionista. Colleziono delusioni. Sono un rinomato collezionista di delusioni, stimato e rispettato nel variegato mondo dei collezionisti. Tengo una fama mondiale.
La mia collezione di delusioni ebbe inizio un primo pomeriggio di un soleggiato e freddo Febbraio di molti anni fa, quando con il passamontagna calato in capa vidi mamma mia inginocchiata sull'uscio di casa di quel cazzo di comunista di merda del secondo piano.
Certo non è però colpa del comunismo né di mamma mia se poi sono diventato un collezionista di delusioni di fama mondiale.
Diciamo che ho iniziato la mia collezione con un bel pezzo da novanta. Ecco, se fossi un collezionista di orologi il mio primo pezzo sarebbe senz'altro stato un bel Patek Philippe calendario perpetuo. Fossi un appassionate d'arte a cosa potrei paragonare le evoluzioni di mamma mia con l'intellettuale comunista di merda, l'intelmerdista? Minimo un Renoir. Collezionassi cimeli musicali qua ero in possesso d'uno spartito autografo di Brahms, la chitarra di Hendrix.
Sarà forse per questo che il secondo pezzo della mia collezione fu poi roba di pari livello. Di lì a breve, e pensando alla collezione dovrei dire di essere stato fortunato assai se invece la volessimo mettere su un decisamente più basso e volgare livello afferente la semplice sfera delle emozioni ecco che sarei definito abbastanza semplicemente un cazzo di sfigato, comunque, dicevamo dal momento della scoperta dell'intelmerdista co' mamma mia sino all'entrare in possesso del pezzo dell'amicollione non passò molto tempo.
Ricordo che era sempre una festa quando a casa nostra veniva zio Mario. Mamma preparava sempre qualcosa di buono buono. Ma proprio buono tant'è che a volte io chiamavo zio buono a zio Mario. Zio Mario era da sempre l'amico di papà mio. Erano cresciuti assieme. Stavano sempre assieme. Avevano fatto le scuole assieme, sempre. Dalle elementari all'università. E poi, entrambi laureati in legge, avevano messo su uno studio legale. E si erano sposati lo stesso giorno, nello stesso posto, con la stessa festa e ognuno dei due aveva fatto da testimone all'altro. Mamma mia e Liliana, la moglie di zio Mario, si tenevano decisamente sul cazzo a vicenda, ma era un dettaglio decisamente ininfluente.
Zio buono era a cena da noi quella sera e c'era pure zia Liliana. E papà, che collezionava bottiglie di vino, decisamente naif il mio papà, andava sempre in cantina a scegliere una bottiglia speciale per l'occasione. E zio Mario l'accompagnava sempre all'amico e collega suo. A me la cantina aveva sempre fatto paura, forse perché per accedervi si doveva scendere dalla scala interna dei garage e l'interruttore della luce era a qualche decina di metri dal portoncino d'accesso. E se quando tu scendevi giù, giù non era sceso nessuno poco prima, il buio era di quei bui bui, ma proprio bui seri. E mio papà mi prendeva sempre in giro perché sapeva quanta paura avessi io del buio.
Alle volte la fortuna gioca un ruolo determinante nelle collezioni di un certo livello. Quella sera era deciso a dimostrare a mio papà e a zio buono quanto fossi coraggioso. Sì, dovevo far vedere loro che del buio io non avevo più paura. E così scesi in cantina subito dopo zio Mario e papà. E non appena si spense la luce del corridoio che separava i garage dalle cantine, mi lanciai, al buio, lungo il lungo corridoio. Cazzo quant'era lungo quel lungo corridoio. E quant'era buio, quel lungo corridoio lungo. Ma, al buio, arrivai alla nostra cantina, e spalancata che ebbi la porta feci il mio trionfale ingresso gridando "Sorpresa!"
Ecco come entrai in possesso del mio secondo pezzo della collezione di delusioni. Capii che del buio non bisognava avere paura, magari bisognava temere un po' di più le sorprese. Tipo che è proprio vero che devi sempre prestare attenzione a quando fai una sorpresa poiché potresti riceverne in cambio una più bella. Vinsi la paura del buio e dimostrai a zio buono e papà mio che ero un ragazzino coraggioso. Papà e Mario, il suo amico e collega, mi fecero capire che al mondo esistono pure i ricchioni. Nella mia collezione tenevo ora l'intelmerdista e l'amicollione.
Lasciate stare le psicoputtanate. Non odio i comunisti perché uno di loro si trombava a mamma mia e non tengo sul cazzo i ricchioni, è certamente il caso di dire, solo perché mio papà e l'amico suo facevano il trenino nella nostra cantina. Non c'entra.
Sarebbe come a dire che tutti i preti sono ladri. Il terzo pezzo, il preladrino. Ci sono i prelati e i preladri. Mi ero affezionato assai a padre Guglielmo, e pure lui a me. Non mi stupii più di tanto quando entrai in possesso del terzo pezzo della mia collezione e fu da allora che sviluppai la mia allergia alle chiese. Niente di che, scoprii che padre Guglielmo, l'affabile e benvoluto sacerdote del mio rione era anche uno strozzino. Ha rovinato non so quanta gente, non l'hanno arrestato e sempre prete è. Il mondo è decisamente contorto, e la mia collezione di delusioni è di livello altissimo.
Non rompetemi gli aggeggi né con la filosofia e né con la sfiga. Il caso, il caos, le emozioni e le debolezze umane. Non c'entra. Si è mai visto un collezionista involontario?
Colleziono delusioni per scelta, evidentemente. Sarebbe bastato non scendere in cantina e non portare il cappotto a mamma mia. Ma sarei senza pezzi da novanta.
Un' altra delusione mica da ridere, l'ennesimo pezzo della mia collezione, me lo sono proprio scelto con cura. L'ho cercato e cercato. Fino a possederlo. Come si fa con i pezzi più pregiati. La mogliana. Questa è banale. Me ne andavo a zoccole a Cuba e ho sposato una puttana. L'ho conosciuta che faceva la puttana, l'ho sposata sapendo che era una puttana, e ci ho fatto un figlio con la puttana. E' stato dopo che ho scoperto che c'era pure Manuel, nu marcantonio di duecentocentimetri e quindicianni. Nero nero nero, che s'e trasferito a casa mia quando la mamma sua era incinta del figlio mio. La moglie puttana, la mogliana.
Ma la mogliana è un pezzo molto importante della collezione mia, mi riguarda assai mica come il preladrino. La mogliana è uno di quei pezzi particolari che all'improvviso vedono le loro quotazioni schizzare alle stelle. A me nessuno aveva detto che la mogliana era così presa dalla professione sua tanto da continuare ad esercitarla anche da sposata. Al momento non capii tutta 'sta felicità della mogliana riguardo alla vincita del superenalotto da parte del portiere del palazzo. Il portiere del palazzo da tempo ci dava il cazzo alla mogliana che girava parte delle entrate sue, avete capito, a Manuel che s'era lanciato nell'import-export della droga. Insomma, la mogliana era un pezzo decisamente da novanta. Infatti era a novanta gradi che si prese cura dell'organo riproduttivo del portiere e il figlio che credevo fosse mio era invece del finanziatore di Manuel e mi venne comunicato al momento dell'incasso della vincita milionaria di Isuccio, il cazzo del portiere.
L'emozione di possedere la delusione di un figlio adottivo imprenditore della droga e di una moglie puttana con un figlio in arrivo che mi avrebbe chiamato papà senza alcun diritto non l'ho potuta però avere. Un bel pezzo, ma mi manca. Se ne sono andati a casa del portiere e poi nella casa circondariale dove furono condotti dopo essere stati arrestati.
Sono un collezionista, colleziono delusioni.
Ce ne sono tanti altri di bei pezzi nella mia collezione. Come quando ho perso il lavoro, e gli amici sono spariti. Come quando ho chiesto aiuto, e mi hanno preso per il culo.
Ma il pezzo migliore, il più grande di tutti è l'ultimo. Volevo averlo a tutti i costi. Dovevo averlo. Ci ho messo un sacco di tempo, l'ho cercato e l'ho cercato. E l'ho trovato, finalmente. Il coronamento di una vita da collezionista. Il pezzo più pregiato.
Mi sono gettato dal ponte e mi sono schiantato al suolo. Una poltiglia.
E sono entrato in possesso della delusione più grande. Sono morto, e Dio non esiste.
Diciamo che ho iniziato la mia collezione con un bel pezzo da novanta. Ecco, se fossi un collezionista di orologi il mio primo pezzo sarebbe senz'altro stato un bel Patek Philippe calendario perpetuo. Fossi un appassionate d'arte a cosa potrei paragonare le evoluzioni di mamma mia con l'intellettuale comunista di merda, l'intelmerdista? Minimo un Renoir. Collezionassi cimeli musicali qua ero in possesso d'uno spartito autografo di Brahms, la chitarra di Hendrix.
Sarà forse per questo che il secondo pezzo della mia collezione fu poi roba di pari livello. Di lì a breve, e pensando alla collezione dovrei dire di essere stato fortunato assai se invece la volessimo mettere su un decisamente più basso e volgare livello afferente la semplice sfera delle emozioni ecco che sarei definito abbastanza semplicemente un cazzo di sfigato, comunque, dicevamo dal momento della scoperta dell'intelmerdista co' mamma mia sino all'entrare in possesso del pezzo dell'amicollione non passò molto tempo.
Ricordo che era sempre una festa quando a casa nostra veniva zio Mario. Mamma preparava sempre qualcosa di buono buono. Ma proprio buono tant'è che a volte io chiamavo zio buono a zio Mario. Zio Mario era da sempre l'amico di papà mio. Erano cresciuti assieme. Stavano sempre assieme. Avevano fatto le scuole assieme, sempre. Dalle elementari all'università. E poi, entrambi laureati in legge, avevano messo su uno studio legale. E si erano sposati lo stesso giorno, nello stesso posto, con la stessa festa e ognuno dei due aveva fatto da testimone all'altro. Mamma mia e Liliana, la moglie di zio Mario, si tenevano decisamente sul cazzo a vicenda, ma era un dettaglio decisamente ininfluente.
Zio buono era a cena da noi quella sera e c'era pure zia Liliana. E papà, che collezionava bottiglie di vino, decisamente naif il mio papà, andava sempre in cantina a scegliere una bottiglia speciale per l'occasione. E zio Mario l'accompagnava sempre all'amico e collega suo. A me la cantina aveva sempre fatto paura, forse perché per accedervi si doveva scendere dalla scala interna dei garage e l'interruttore della luce era a qualche decina di metri dal portoncino d'accesso. E se quando tu scendevi giù, giù non era sceso nessuno poco prima, il buio era di quei bui bui, ma proprio bui seri. E mio papà mi prendeva sempre in giro perché sapeva quanta paura avessi io del buio.
Alle volte la fortuna gioca un ruolo determinante nelle collezioni di un certo livello. Quella sera era deciso a dimostrare a mio papà e a zio buono quanto fossi coraggioso. Sì, dovevo far vedere loro che del buio io non avevo più paura. E così scesi in cantina subito dopo zio Mario e papà. E non appena si spense la luce del corridoio che separava i garage dalle cantine, mi lanciai, al buio, lungo il lungo corridoio. Cazzo quant'era lungo quel lungo corridoio. E quant'era buio, quel lungo corridoio lungo. Ma, al buio, arrivai alla nostra cantina, e spalancata che ebbi la porta feci il mio trionfale ingresso gridando "Sorpresa!"
Ecco come entrai in possesso del mio secondo pezzo della collezione di delusioni. Capii che del buio non bisognava avere paura, magari bisognava temere un po' di più le sorprese. Tipo che è proprio vero che devi sempre prestare attenzione a quando fai una sorpresa poiché potresti riceverne in cambio una più bella. Vinsi la paura del buio e dimostrai a zio buono e papà mio che ero un ragazzino coraggioso. Papà e Mario, il suo amico e collega, mi fecero capire che al mondo esistono pure i ricchioni. Nella mia collezione tenevo ora l'intelmerdista e l'amicollione.
Lasciate stare le psicoputtanate. Non odio i comunisti perché uno di loro si trombava a mamma mia e non tengo sul cazzo i ricchioni, è certamente il caso di dire, solo perché mio papà e l'amico suo facevano il trenino nella nostra cantina. Non c'entra.
Sarebbe come a dire che tutti i preti sono ladri. Il terzo pezzo, il preladrino. Ci sono i prelati e i preladri. Mi ero affezionato assai a padre Guglielmo, e pure lui a me. Non mi stupii più di tanto quando entrai in possesso del terzo pezzo della mia collezione e fu da allora che sviluppai la mia allergia alle chiese. Niente di che, scoprii che padre Guglielmo, l'affabile e benvoluto sacerdote del mio rione era anche uno strozzino. Ha rovinato non so quanta gente, non l'hanno arrestato e sempre prete è. Il mondo è decisamente contorto, e la mia collezione di delusioni è di livello altissimo.
Non rompetemi gli aggeggi né con la filosofia e né con la sfiga. Il caso, il caos, le emozioni e le debolezze umane. Non c'entra. Si è mai visto un collezionista involontario?
Colleziono delusioni per scelta, evidentemente. Sarebbe bastato non scendere in cantina e non portare il cappotto a mamma mia. Ma sarei senza pezzi da novanta.
Un' altra delusione mica da ridere, l'ennesimo pezzo della mia collezione, me lo sono proprio scelto con cura. L'ho cercato e cercato. Fino a possederlo. Come si fa con i pezzi più pregiati. La mogliana. Questa è banale. Me ne andavo a zoccole a Cuba e ho sposato una puttana. L'ho conosciuta che faceva la puttana, l'ho sposata sapendo che era una puttana, e ci ho fatto un figlio con la puttana. E' stato dopo che ho scoperto che c'era pure Manuel, nu marcantonio di duecentocentimetri e quindicianni. Nero nero nero, che s'e trasferito a casa mia quando la mamma sua era incinta del figlio mio. La moglie puttana, la mogliana.
Ma la mogliana è un pezzo molto importante della collezione mia, mi riguarda assai mica come il preladrino. La mogliana è uno di quei pezzi particolari che all'improvviso vedono le loro quotazioni schizzare alle stelle. A me nessuno aveva detto che la mogliana era così presa dalla professione sua tanto da continuare ad esercitarla anche da sposata. Al momento non capii tutta 'sta felicità della mogliana riguardo alla vincita del superenalotto da parte del portiere del palazzo. Il portiere del palazzo da tempo ci dava il cazzo alla mogliana che girava parte delle entrate sue, avete capito, a Manuel che s'era lanciato nell'import-export della droga. Insomma, la mogliana era un pezzo decisamente da novanta. Infatti era a novanta gradi che si prese cura dell'organo riproduttivo del portiere e il figlio che credevo fosse mio era invece del finanziatore di Manuel e mi venne comunicato al momento dell'incasso della vincita milionaria di Isuccio, il cazzo del portiere.
L'emozione di possedere la delusione di un figlio adottivo imprenditore della droga e di una moglie puttana con un figlio in arrivo che mi avrebbe chiamato papà senza alcun diritto non l'ho potuta però avere. Un bel pezzo, ma mi manca. Se ne sono andati a casa del portiere e poi nella casa circondariale dove furono condotti dopo essere stati arrestati.
Sono un collezionista, colleziono delusioni.
Ce ne sono tanti altri di bei pezzi nella mia collezione. Come quando ho perso il lavoro, e gli amici sono spariti. Come quando ho chiesto aiuto, e mi hanno preso per il culo.
Ma il pezzo migliore, il più grande di tutti è l'ultimo. Volevo averlo a tutti i costi. Dovevo averlo. Ci ho messo un sacco di tempo, l'ho cercato e l'ho cercato. E l'ho trovato, finalmente. Il coronamento di una vita da collezionista. Il pezzo più pregiato.
Mi sono gettato dal ponte e mi sono schiantato al suolo. Una poltiglia.
E sono entrato in possesso della delusione più grande. Sono morto, e Dio non esiste.