mercoledì 11 giugno 2014

The First Maratea Photo Tour Challenge


Some shots taking by me during the First Maratea Photo Tour Challenge, and sooner or later ... uhmm maybe later, I will tell you more... more about the friends, the sponsor, and ... the Winners! Keep in touch my friends :))










































venerdì 14 marzo 2014

MARATEA PHOTO TOUR CHALLENGE, MARATEA 19TH THROUGH 23TH MAY 2014


MARATEA PHOTO TOUR CHALLENGE 19 - 23 MAY 2014 WITH MONEY PRIZE

Associazione Culturale Potenza Fotografica




The Beauty.
Beauty do not needs to be explained.
Beauty is beauty.
Beauty simply needs to be admired.

We are surrounded by beauty. Beauty is everywhere.

I am a beauty addicted and I love to show you the beauty of Maratea.

So follow me ... 

Details for our Maratea Photo Tour Challenge.
DATES MAY 19th - MAY 23th 2014 (including arrival and departure days).


A Maggio, quando il sole inizia i preparativi per la stagione estiva, e allunga le giornate così come le ombre, e riscalda le tante spiagge di Maratea ancora deserte ...



... i fiori sul limitare dell'acqua, il silenzio, semplicemente la bellezza di uno scenario da fiaba ...



... quattro giorni e quattro notti per immortalare al meglio questa singolare e stupefacente bellezza ...


... e la foto più bella vincerà il premio di 500,00 euro. Premio assegnato dalla giuria:


Oreste Lopomo, journalist RAI Basilicata, writer, poet.
Paride Leporace, CEO Lucana Film Commission, writer.
Elisa Laraia, visual artist.
Gianpaolo Carretta, avvocato.
Andrea Mattiacci, photojournalist
Luca Lancieri ...




Alloggeremo alla FORESTERIA ILLICINI dove consumeremo la colazione in una veranda sospesa sul mare, i pranzi e le cene al Porto di Maratea, alla Scialuppa 25 le bevande incluse e, a cena, l'Aglianico Il Titolo di Elena Fucci, i dopo cena al Bar Del Porto, ed il Winner Party e la gita in barca e ... e ... e le sorprese sono sorprese!

We will be staying at Foresteria Illicini where we will have breakfast on terrace on the sea, lunch and dinner at the Maratea Harbour at Scialuppa 25, with meals each of five dishes and beverage included and, for dinner, the great Italian Aglianico Wine, Il Titolo di Elena Fucci, and the after dinner at the Bar Del Porto, and The Winner Party and the boat trip and... and... and surprises are surprises!




So what we will do? We will visit the 33 kilometers of the Maratea's coast, sleeping in a tale on the rocks just upon the sea, no people around us in such beautiful beaches, the magical stunning view, the meals by Scialuppa 25 at the harbor ... but why do I have to explained the unexplained? Have you ever seen the grass grow up in the sea? 10% discount at the MODA e MARE SHOP?




Roberta Schiavulli, Profumeria Adriana, will donate an  L'Artisan Parfumeur Eau de Parfum as a prize for the most beautiful picture taken by a lady. 



Nicola Pisani, Pisani Distribuzione, will donate a Spalding & Bros. New York item as a prize for the most beautiful picture taken in the SOOC mode.


Filomena Smaldone, della ludoteca l'Allegra Tana di Potenza, premierà una fotografia con un buono sconto di 100,00 euro.











E' prevista la possibilità di partecipare senza pernottamento e pasti, con la sola iscrizione al challenge che include la cena finale  e il winner party al prezzo di 100,00 euro.

Winner gets a 500,00 euro cash prize.
La foto vincitrice sarà premiata con 500,00 euro in contanti.


I am proud to introduce you the Elena Fucci Wine, "Il Titolo".





For registering and questions please drop me a line at 
Domande e prenotazioni alla mia mail



http://lucalancieri.smugmug.com/



Below just few photos of some of the places we'll visit during the Photo Tour Challenge, please forgive me I know you'll make it better!





















lunedì 17 febbraio 2014

Il Collezionista.


          Sono un collezionista. Faccio il collezionista di professione. 

          Ho iniziato a fare il collezionista involontariamente. E' stato tanto tempo fa. Ma lo ricordo come fosse ieri.

          Il giorno in cui inizia la mia collezione. Ero pronto per uscire. Dovevo uscire con la mia mamma. Era una bellissima giornata di sole, assolutamente inaspettata. Il sole da noi a febbraio è come la promessa di un politico di professione. Tu hai la certezza che potrà avverarsi anche se sai non si avvererà mai. Chiuso in casa da giorni, finalmente la parola magica. Usciamo. Poi invece, il passamontagna già infilato, squilla il telefono. E mamma mia dice solo sì, quando e va bene. Poi si piega fino a che la faccia sua non sta precisa appiccicata alla mia. Mi toglie il cappotto mentre le mie calde lacrime bagnano il passamontagna che da allora ho odiato ancor di più di quanto non abbia mai fatto prima senza sapere che c'è sempre margine per migliore un odio apparentemente immigliorabile. E sento mamma dire che deve uscire urgentemente, una cosa importante di lavoro. Io resto immobile nel corridoio di casa e la seguo con lo sguardo mentre entra in camera da letto dove si toglie i pantaloni ed i collant per indossare un paio di calze autoreggenti ed una gonna. Forse è per quello che a me le calze autoreggenti non fanno alcun effetto. Mamma mia esce e dice che non devo aprire a nessuno, che lei tornerà presto, che tornerà talmente presto che faremo in tempo ad uscire. E allora perché mi hai tolto il cappotto, penso. Però ho ancora il passamontagna. E mamma dice che adesso deve andare a va. Ma dimentica il cappotto. E' vero che c'è il sole ma non si può uscire a Febbraio senza il cappotto. E allora io decido di seguirla per portarle il cappotto. Lascio la porta di casa aperta e mi precipito per le scale con in mano il cappotto di mamma mia. E cerco di scendere le scale il più velocemente possibile. Otto piani non sono poi tanti, e invece forse sì perché l'ascensore non lo sento. E' fermo. Mamma mia è già arrivata giù. E a me mancano ancora tre piani prima di arrivare al piano terra. E forse allora non ce la farò a raggiungerla prima che esca dal portone. E non può uscire dal portone senza il cappotto. E' troppo freddo.

          Ecco come ebbe inizio la mia collezione. 

          Da quel giorno non ho mai più messo un passamontagna, ed è forse anche per questo che odio tutti i terroristi del cazzo di questo mondo. Anche i cappotti, non li sopporto. E non scendo mai le per le scale, prendo sempre l'ascensore.  E odio tutti gli pseudo intellettuali di sinistra di questa grande minchia, soprattutto quelli col pizzetto che fanno i giornalisti. Quelli che straparlano di regole e correttezza e poi sono scorretti e senza regole.

         Faccio il collezionista. Colleziono delusioni. Sono un rinomato collezionista di delusioni, stimato e rispettato nel variegato mondo dei collezionisti. Tengo una fama mondiale.

         La mia collezione di delusioni ebbe inizio un primo pomeriggio di un soleggiato e freddo Febbraio di molti anni fa, quando con il passamontagna calato in capa vidi mamma mia inginocchiata sull'uscio di casa di quel cazzo di comunista di merda del secondo piano.

          Certo non è però colpa del comunismo né di mamma mia se poi sono diventato un collezionista di delusioni di fama mondiale.

         Diciamo che ho iniziato la mia collezione con un bel pezzo da novanta. Ecco, se fossi un collezionista di orologi il mio primo pezzo sarebbe senz'altro stato un bel Patek Philippe calendario perpetuo. Fossi un appassionate d'arte a cosa potrei paragonare le evoluzioni di mamma mia con l'intellettuale comunista di merda, l'intelmerdista? Minimo un Renoir. Collezionassi cimeli musicali qua ero in possesso d'uno spartito autografo di Brahms, la chitarra di Hendrix.

          Sarà forse per questo che il secondo pezzo della mia collezione fu poi roba di pari livello. Di lì a breve, e pensando alla collezione dovrei dire di essere stato fortunato assai se invece la volessimo mettere su un decisamente più basso e volgare livello afferente la semplice sfera delle emozioni ecco che sarei definito abbastanza semplicemente un cazzo di sfigato, comunque, dicevamo dal momento della scoperta dell'intelmerdista co' mamma mia sino all'entrare in possesso del pezzo dell'amicollione non passò molto tempo.

          Ricordo che era sempre una festa quando a casa nostra veniva zio Mario. Mamma preparava sempre qualcosa di buono buono. Ma proprio buono tant'è che a volte io chiamavo zio buono a zio Mario. Zio Mario era da sempre l'amico di papà mio. Erano cresciuti assieme. Stavano sempre assieme. Avevano fatto le scuole assieme, sempre. Dalle elementari all'università. E poi, entrambi laureati in legge, avevano messo su uno studio legale. E si erano sposati lo stesso giorno, nello stesso posto, con la stessa festa e ognuno dei due aveva fatto da testimone all'altro. Mamma mia e Liliana, la moglie di zio Mario, si tenevano decisamente sul cazzo a vicenda, ma era un dettaglio decisamente ininfluente.

          Zio buono era a cena da noi quella sera e c'era pure zia Liliana. E papà, che collezionava bottiglie di vino, decisamente naif il mio papà, andava sempre in cantina a scegliere una bottiglia speciale per l'occasione. E zio Mario l'accompagnava sempre all'amico e collega suo. A me la cantina aveva sempre fatto paura, forse perché per accedervi si doveva scendere dalla scala interna dei garage e l'interruttore della luce era a qualche decina di metri dal portoncino d'accesso. E se quando tu scendevi giù, giù non era sceso nessuno poco prima, il buio era di quei bui bui, ma proprio bui seri. E mio papà mi prendeva sempre in giro perché sapeva quanta paura avessi io del buio.

         Alle volte la fortuna gioca un ruolo determinante nelle collezioni di un certo livello. Quella sera era deciso a dimostrare a mio papà e a zio buono quanto fossi coraggioso. Sì, dovevo far vedere loro che del buio io non avevo più paura. E così scesi in cantina subito dopo zio Mario e papà. E non appena si spense la luce del corridoio che separava i garage dalle cantine, mi lanciai, al buio, lungo il lungo corridoio. Cazzo quant'era lungo quel lungo corridoio. E quant'era buio, quel lungo corridoio lungo. Ma, al buio, arrivai alla nostra cantina, e spalancata che ebbi la porta feci il mio trionfale ingresso gridando "Sorpresa!"

         Ecco come entrai in possesso del mio secondo pezzo della collezione di delusioni. Capii che del buio non bisognava avere paura, magari bisognava temere un po' di più le sorprese. Tipo che è proprio vero che devi sempre prestare attenzione a quando fai una sorpresa poiché potresti riceverne in cambio una più bella. Vinsi la paura del buio e dimostrai a zio buono e papà mio che ero un ragazzino coraggioso. Papà e Mario, il suo amico e collega, mi fecero capire che al mondo esistono pure i ricchioni.  Nella mia collezione tenevo ora l'intelmerdista e l'amicollione.

          Lasciate stare le psicoputtanate. Non odio i comunisti perché uno di loro si trombava a mamma mia e non tengo sul cazzo i ricchioni, è certamente il caso di dire, solo perché mio papà e l'amico suo facevano il trenino nella nostra cantina. Non c'entra.

         Sarebbe come a dire che tutti i preti sono ladri. Il terzo pezzo, il preladrino. Ci sono i prelati e i preladri. Mi ero affezionato assai a padre Guglielmo, e pure lui  a me. Non mi stupii più di tanto quando entrai in possesso del terzo pezzo della mia collezione e fu da allora che sviluppai la mia allergia alle chiese. Niente di che, scoprii che padre Guglielmo, l'affabile e benvoluto sacerdote del mio rione era anche uno strozzino. Ha rovinato non so quanta gente, non l'hanno arrestato e sempre prete è. Il mondo è decisamente contorto, e la mia collezione di delusioni è di livello altissimo.

          Non rompetemi gli aggeggi né con la filosofia e né con la sfiga. Il caso, il caos, le emozioni e le debolezze umane. Non c'entra. Si è mai visto un collezionista involontario?

          Colleziono delusioni per scelta, evidentemente. Sarebbe bastato non scendere in cantina e non portare il cappotto a mamma mia. Ma sarei senza pezzi da novanta.

          Un' altra delusione mica da ridere, l'ennesimo pezzo della mia collezione, me lo sono proprio scelto con cura. L'ho cercato e cercato. Fino a possederlo. Come si fa con i pezzi più pregiati. La mogliana. Questa è banale. Me ne andavo a zoccole a Cuba e ho sposato una puttana. L'ho conosciuta che faceva la puttana, l'ho sposata sapendo che era una puttana, e ci ho fatto un figlio con la puttana. E' stato dopo che ho scoperto che c'era pure Manuel, nu marcantonio di duecentocentimetri e quindicianni. Nero nero nero, che s'e trasferito a casa mia quando la mamma sua era incinta del figlio mio. La moglie puttana, la mogliana.

          Ma la mogliana è un pezzo molto importante della collezione mia, mi riguarda assai mica come il preladrino. La mogliana è uno di quei pezzi particolari che all'improvviso vedono le loro quotazioni schizzare alle stelle. A me nessuno aveva detto che la mogliana era così presa dalla professione sua tanto da continuare ad esercitarla anche da sposata. Al momento non capii tutta 'sta felicità della mogliana riguardo alla vincita del superenalotto da parte del portiere del palazzo. Il portiere del palazzo da tempo ci dava il cazzo alla mogliana che girava parte delle entrate sue, avete capito, a Manuel che s'era lanciato nell'import-export della droga. Insomma, la mogliana era un pezzo decisamente da novanta. Infatti era a novanta gradi che si prese cura dell'organo riproduttivo del portiere e il figlio che credevo fosse mio era invece del finanziatore di Manuel e mi venne comunicato al momento dell'incasso della vincita milionaria di Isuccio, il cazzo del portiere.

           L'emozione di possedere la delusione di un figlio adottivo imprenditore della droga e di una moglie puttana con un figlio in arrivo che mi avrebbe chiamato papà senza alcun diritto non l'ho potuta però avere. Un bel pezzo, ma mi manca. Se ne sono andati a casa del portiere e poi nella casa circondariale dove furono condotti dopo essere stati arrestati.

           Sono un collezionista, colleziono delusioni.

           Ce ne sono tanti altri di bei pezzi nella mia collezione. Come quando ho perso il lavoro, e gli amici sono spariti. Come quando ho chiesto aiuto, e mi hanno preso per il culo.

          Ma il pezzo migliore, il più grande di tutti è l'ultimo. Volevo averlo a tutti i costi. Dovevo averlo. Ci ho messo un sacco di tempo, l'ho cercato e l'ho cercato. E l'ho trovato, finalmente. Il coronamento di una vita da collezionista. Il pezzo più pregiato.

           Mi sono gettato dal ponte e mi sono schiantato al suolo. Una poltiglia.

           E sono entrato in possesso della delusione più grande. Sono morto, e Dio non esiste.




    

martedì 24 dicembre 2013

Simply Having Wonderful Christmas Time, even if I'm not Sir Paul McCartney




E che ve lo dico a fare ... Grazie a tutti voi e Buon Natale!

Happy Merry Happy Merry Happy Merry Christmas ... with a lots of thanks to dear Britta Rogge for having pointed out this marvelous video.




venerdì 8 novembre 2013

Perché, Perché?



          Uno spazio enorme, questo posto. Un enorme rettangolo che si sviluppa a doppia altezza. Le pareti sono l'essenza di tutto il bianco della storia del bianco. Tant'è che mi sorprendo a pensare a quello che stava a mollo nell'acqua tutto vestito e diceva che più bianco non si può. Ad intervalli regolari, e con millimetrica precisione, sono come sospese le fotografie più belle che abbia mai visto. I soggetti delle foto sembrano sempre gli stessi. L'autunno, il trionfo dei colori, è ripreso in bianco e nero. Le foglie s'alternano alle panchine, alle fontane, agli alberi spogli, a mani di vecchi intrecciate, e cestini, e viali, e cappelli e capelli, ombrelli, lacci di scarpe e di nuovo le nocche di mani che sembrano aver attraversato ere più di anni. E tappeti di foglie. 

          Al centro di questo spazio enorme, un tavolo d'alluminio, bianco, ovviamente rettangolare, con sedici sedie di pelle, bianca. Il tavolo galleggia, fa il morto sull'immobile mare di moquette fucsia. In fondo, sull'angolo a sinistra un divano, ovviamente enorme, fatto di orsacchiotti rosa. E solo adesso noto la presenza di un uomo. Elegantissimo. Un viso conosciuto, non ricordo dove l'ho visto. Quando l'ho visto. Capelli neri con qualche striatura d'argento, lunghi e leggermente mossi, portati all'indietro gli ricadono sulle tempie ad incorniciare il suo bel viso. Labbra sottili e zigomi non pronunciati, due simpatiche fossette sembrano voler accogliere le ciocche ribelli dei capelli.

          Lo saluto, ma le simpatiche fossette non ricambiano il saluto. Ho deciso che è meglio se lo tengo sul cazzo da subito. E continuo a non ricordare dove l'ho visto. Mi chiede se conosco i Lake Heartbeat. Invece di chiedergli se ci conosciamo oppure, in modo decisamente più british, e chi cazzo so' 'sti Lake Heartbeat dico semplicemente no.
             Sono quelli che stanno cantando Pipedream, la canzone che stiamo ascoltando. Benissimo, manco me n'ero accorto che c'era una canzone in sottofondo. Si alza e mi dice di seguirlo e invece di mandarlo a cagare lo seguo. Ovviamente è più alto di me, mi fa una smorfia come a farmi capire che ha capito che lo tengo sempre più sul cazzo. La voce come di un altoparlante dice qualcosa ma non capisco cosa anche perché sono distratto dal completo cashmere indossato dalle fossette. Un bellissimo doppio petto finestrato nei toni del celeste con righini rosa viola e rossi, una camicia bianca e una cravatta blu con piccoli quadrifogli bianchi. Un bellissimo paio di gemelli fuori misura a forma di LP.
           Mi chiede se conosco gli A Sunny Day In Glasgow e rispondo con un macché che tiene racchiuso tutti i modi di mandare qualcuno a fare in culo ma quello non si scompone e mi dice, dopo avermi ceduto il passo per entrare in un ascensore che manco a dirlo non avevo visto, che il pezzo che adesso suona s'intitola Shy ed è appunto dei A Sunny Day In Glasgow. E me lo dice come a chiedersi come sia possibile che io sia vissuto fin quasi a cinquantanni senza aver mai ascoltato 'sti qua.

           L'ascensore è tutto rivestito di pelle cremisi e non appena fossette entra ecco sento che s'avvia.
Ovviamente non conosci nemmeno i Durutti Column, mi dice fossette. Ovviamente no gli rispondo senza aggiungere che invece conosco benissimo sia la mamma che la sua sorellina. Si liscia all'indietro i belli capelli e mi dice di non avere sorelle e fingo di non stupirmi della sua capacità di leggere il pensiero consapevole comunque del fatto che pur senza averlo fatto ce l'ho mandato a fare in culo.

          Di nuovo la voce dell'altoparlante, come un annuncio.

         Si aprono le porte dell'ascensore, e ancora meravigliose fotografie dell'autunno e dei suoi colori ma sempre in bianco e nero.

          Fossette sembra particolarmente colpito da due rami incrociati adagiati su un tappeto di foglie il tutto sovrastato da un drammatico e nuvoloso cielo nero, indugia a lungo su questa foto. Mentre io riconosco stavolta Jenny degli Alunni Del Sole.

          Perché, mi chiede fossette. Perché cosa rispondo a fossette e quello mi dice, guardando la prima foto dove compare un volto, che adesso stiamo ascoltando gli Holy Ghost con It Must Be The Weather.

"Perché?"
"Ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore. Sempre. Credi di essere migliore degli altri, perché?"
            Almeno quattrocentododici risposte differenti anche se tutte caratterizzate dal comune invito a raggiungere i suoi cari defunti.
"Ma di che parli?"
"Del fatto che non sei nessuno, e certamente non sei migliore di chi ti circonda. Ricordi quando hai iniziato a non piacerti più?"
            Primo, io mi piaccio tantissimo. Sono innamoratissimo di me. M'innamoro di me ogni volta che m'incontro, e succede spesso.
"Sarebbe carino poter aver qualche indizio maggiore, tipo sapere di che cazzo stai parlando".
            Mi ritrovo ad inseguire fossette senza sapere se davvero lo conosco o no, mentre continuano a scorrere fotografie sempre più tristi, sempre in bianco e nero. Adesso i soggetti sono solo bambini. Bambini denutriti, bambini sporchi, bambini di colore, bambini malvestiti, sempre scalzi. Tutti sorridenti, ma tutti con gli occhi tristi.

           E di nuovo l'altoparlante, e non capisco cosa dice.

"Perché?"
"Di nuovo, ma perché che?"
"Perché credi di essere migliore ma non fai niente. Perché insegui il nulla. Perché hai tradito te stesso".
          Voglio andarmene, ne ho abbastanza.
"Ricordi la prima volta?"
"Ascolta, fossette. Mi piace come ti vesti. Mi piace che ti piace la fotografia. Ma non mi piace come ti rivolgi a me".
"Perché hai lasciato Jane?"
"Jane? Ma di che cazzo parli?"
"Perché non hai detto di essere stato tu a rompere il vetro della finestra al maestro?"
"Il maestro?"
"Mettesti lo sgambetto a Carlo, da dietro. Da vigliacco, perché?"
"Lo sgambetto?"
"Dicesti di avere la febbre, non potevi accompagnare Diletta a scuola. Perché?"
"Diletta?"
"Ti piace Renato Zero, Alan Sorrenti e Julio Iglesias e gli Alunni Del Sole ma t'atteggi con i Led Zeppelin e Dylan. Perché?"
           Sinceramente, questo inizia a farmi paura.
"Fossette, ma che vuoi?"
"Perché ti sei tradito, hai tradito te stesso".
"Non capisco di che parli".
"Perché menti. Al mondo e a te stesso. Quand'è che hai fatto qualcosa per qualcuno, quando?"
          Fondamentalmente sono un tipo piuttosto semplice, ho la tendenza a farmi i fatti miei e non sono curioso. Difficilmente faccio domande. Ecco, davvero, io domande non ne faccio mai. E questo fa il gioco del perché co' me. E coyote di Joni Mitchell la conosco anch'io. E dalle co' l'altoparlante.

"Perché non sai amare?"
"Perché non mi lasci in pace?"
"Perché non hai convinto Amelia a tenere il bambino?"
"Ma era lei che non lo voleva!"
"Perché hai dato via il cane?"
"Ma non potevo tenerlo, ero allergico al suo pelo!"
"Perché non hai prestato venti milioni a Roberto?"
"Ma non avrei risolto i suoi problemi e io avevo solo venti milioni da parte!"
"Perché non vai mai a trovare tua madre?"
"Ma non mi riconosce più!"
"Sei un coglione".
"Davvero gentile, inizi a dare più fastidio dell'allarme acustico della cintura di sicurezza!"
"Perché non hai fatto fare controlli più accurati a tuo padre quando ti diceva di stare male?"
"Ma era sempre stanco, che ne potevo sapere!"
"E' morto, e potevi salvarlo".

          Ancora, l'altoparlante. Tanto non capisco cosa dice. E adesso i Fleetwood Mac cantano You Make Loving Fun. E in questo posto enorme inizia a far freddo.  E fossette insiste.

"Qual è stato il tuo impegno civile fino ad ora?"
"Toglimi una curiosità, e il tuo?"
"Ha, ma noi siamo qui per te. Tutto questo è per te. E' solo colpa tua. Così adesso noi dobbiamo prenderci cura di te e del tuo ego spropositato. La tua vita è tutta una sfida con te stesso, perché non sei mai contento?"
"Ma si può sapere chi sei e, soprattutto, che cazzo vuoi, tu con il tuo cumulo di banalità?"
"Ti sei sempre lamentato, sempre. Hai sprecato il tuo talento alla ricerca di scorciatoie".
           Ho deciso, me ne vado. Così mi giro ma l'ascensore non c'è più e inizia a piovere. Piovono fotografie che restano a fluttuare appena qualche centimetro sopra la moquette, assieme alle foto adesso piovono petali di rosa che profumano di disinfettante. Voglio andarmene. Fossette mi fissa con aria di sfida. I bambini delle fotografie prendono vita e mi guardano, anch'essi mi stanno sfidando. Alcuni piangono lacrime marroni, l'altoparlante continua a gracchiare, sono sicuro che adesso cantano i China Crisis ma non riconosco la canzone, la moquette inizia ad incresparsi, tante piccole spumette verdi come quando il maestrale inizia a gonfiare il mare.

          E fossette adesso è vestito di bianco, ha le mani incrociate sul petto, e tanto per cambiare continua a straspaccarmi la minchia con il monologo di tutti i monologhi.
"Ti atteggi, l'hai sempre fatto. Sei saccente. Sei polemico, per lo più inutilmente polemico. Sei geloso.  Sei invidioso. Un immaturo, a cui è andato sempre tutto bene. Non sai perdonare e non hai mai perdonato pur pretendendo sempre di essere perdonato, sempre. Sei un debole. Sei un vigliacco. Perennemente indeciso ..."
           "Ma non è vero!"
          " ... assolutamente inconcludente. Non hai mai fatto nulla con le tue sole forze. Narcisista e qualunquista. Decisamente incoerente. Lontano da ogni fede, senza alcuna passione politica. Sei un traditore. E sei cattivo".
           Provo a lanciarmi con tutte le mie forze sulla gola di fossette ma le mie mani si fermano a pochi centimetri dal suo bel viso che odora di cloroformio. Ancora l'altoparlante assieme ai Doobie Brothers con Long Train Runnin'.

           Mi guardo le mani, i miei polsi. La camicia è arrotolato sul braccio destro e un gemello a forma di LP tintinna su un tubicino di plastica che parte dall'incavo del mio braccio e finisce in una specie di boccia appesa su di un trespolo come l'avvoltoio sempre presente nelle strisce di Tex.

            Di nuovo l'altoparlante, ancora l'odore di cloroformio. Adesso fossette mi guarda da uno specchio sdraiato su di una specie di lettino proprio di fronte a me. Vorrei trovare la forza di mandarlo a fare in culo ma ho la bocca impastata. Non riesco a parlare.

          Una bella cascata di capelli biondi entra da una piccola porticina, un sorriso. E il sorriso mi dice: "Ben svegliato, adesso le tolgo la flebo così può andare. Ci vediamo tra quindici giorni per il prossimo ciclo di chemio".

           Mi gira le spalle. E non si accorge che la guardo dallo specchio. Fossette lo sa che quindici giorni sono tanti, troppi. E lo capisce dal sorriso sparito dalla cascata di capelli biondi.


       

martedì 17 settembre 2013

La Colpa.



          Il mondo è continuamente alla ricerca di un colpevole. E il colpevole è sempre innocente, non esistono rei confessi. La colpa è sempre di qualcun altro, si trattasse pure di eventi atmosferici. Una sola eccezione, io. E mi piace sedere sulle panchine.

          E' dal mio primo ricordo che è sempre colpa mia. Normalmente il fallo di reazione è punito con più severità di un normale fallo di gioco, foss'anche d'ostruzione, il fallo. Herb Alpert  cantava  This Guy's In Love With You fuori pioveva e mia madre stava preparando il tè. A me il tè non piaceva però andavo pazzo per i biscotti al burro e pur di mangiarne qualcuno mi bevevo il tè. Per mio fratello più piccolo, anche se di soli otto mesi e mezzo più piccolo, era invece il contrario. Per lui tutto è sempre stato il contrario. Il patto era doppia razione di tè a te ed il doppio dei biscotti a me, macché. Quello per dispetto si mangiò i biscotti e allora io non volli dargli il mio tè, e fu un errore. Un doppio errore. Il primo errore fu che Piero, mio fratello, il piccolino, mi fece lo shampoo con il tè bollente. E io odio tutto ciò ch'è freddo freddo e tutto ciò ch'è caldo caldo, soprattutto se me lo rovesciano da sopra alla testa. Il secondo errore fu che, urlando, gli dissi una parolaccia. Ecco che da allora per mia madre divenni una specie di terrorista ricercato in tutto il mondo. "E' colpa tua, Tommaso" disse mia madre. E nel dirlo promulgò il primo di quelli che sarebbero stati degli editti punitivi esemplari ed assolutamente fantasiosi, sovente accompagnati da sberle memorabili con drammatica colonna sonora composta da ritornelli in serie Ma come è possibile, E chi me lo doveva dire, Ma dov'è che ho sbagliato, Ma da chi hai preso, Quando torna tuo padre vedrai, Ti mando in collegio ... al ti mando in collegio più volte trovavo la forza di rispondere con un magari subito seguito da un aggiornamento della app punitiva. Ovviamente, Piero faceva e rifaceva e rifaceva e rifaceva la ola.

          E' colpa mia, sempre.

          Le automobili rappresentano per moltitudini di persone un universo a parte. All'interno delle proprie auto i più si trasformano in specie di supereroi malvagi. Nel loro abitacolo fanno cose che probabilmente neanche nella privacy dello loro stanze da bagno si azzarderebbero a fare. Si sente senza dubbio al sicuro e protetto da sguardi indiscreti quell'uomo apparentemente distinto, in giacca e cravatta, all'interno della classica e monotona berlina tedesca e nera. La fronte aggrottata e un'espressione di puro dolore sul volto, dev'essere un mago intento a provare uno dei suoi trucchi. Infatti riesce a far sparire tre, avete letto bene, tre, tre dita, tre dita intere, riesce a far sparire tre dita della mano destra all'interno della narice destra del suo naso. E dopo qualche momento, evidentemente soddisfatto poiché adesso sul suo viso danzano sorrisi d'orgoglio, ecco prende ad ammirare le sue tre dita che ora, accompagnate dalle altre due, modellano una scultura fatta di muco verdegiallo tendente al rossastro. Il semaforo è ancora rosso. Io e il mio autista siamo circondati. Decine e decine di automobili, tutte ovviamente con un unico conducente. Solo sguardi distanti e distratti. Ognuno assorto nella propria insoddisfazione. Una bella e riccioluta signora mi fissa dal finestrino senza vedermi. Mi guarda, ma non mi vede. Mentre il mago è adesso un buongustaio. Infatti assapora con malcelata soddisfazione la scultura tondeggiante e colorata d'autunno. Vorrei scendere dall'auto e dirgli che mi fa schifo. Vorrei scendere dall'auto e dire alla bella riccioluta che forse il suo problema si può risolvere. Vorrei dirle che non è colpa mia, e invece non scendo dalla mia auto perché magari è proprio colpa mia se la riccioluta è triste. Scatta il verde, e la partita di rugby può riprendere, tutti lanciati a folle velocità come se chi li aspetta fosse felice di vedere arrivare due minuti prima simili cretini.

          E nel momento in cui tutti giocano nuovamente a rugby penso a quando Silvia mi ha insegnato a mangiare i cioccolatini.
"Tommaso, ma tu li mangi tutti assieme, anche tre per volta. E poi li mastichi, non devi".
"Cosa faccio, li ingoio a tipo pillole?"
"Idiota! No amore, devi tenerlo in bocca per un po'. Succchialo. E poi tienilo schiacciato per qualche momento con la lingua sotto il palato. Vedi, così". E la guardai ammirato mentre chiudeva gli occhi e deglutiva e ancora con gli occhi chiusi mi fece dono della sua lingua. Da allora ho sempre mangiato così i cioccolatini. Li scarto, li metto in bocca, li succhio un po' e poi li schiaccio con la lingua sul palato, e aspetto. E dopo aver mandato giù chiudo gli occhi e aspetto che Silvia mi dia la sua lingua. Ma Silvia non c'è più, ovviamente per colpa mia. E' colpa mia, sempre.

          Quell'estate io avevo la patente, Piero ancora no. Io guidavo, lui no. Quando la macchina di Papà uccise una vecchietta che convinta d'essere Mennea si materializzò sul parabrezza la colpa fu mia. E' per quello che io da allora non guido più. Subii il processo. Non mi ritirarono la patente, ma lo fece mio padre. L'editto si trasformò in uno scisma, venni promosso da terrorista a diavolo incosciente. Nessuno mi chiese come andarono i fatti. Se per caso fosse colpa della vecchietta. "Avresti potuto uccidere tuo fratello più piccolo". Tipo che Tommaso se t'ammazzavi tu, pazienza. Io avevo la patente quindi io guidavo e io avendo ucciso, non avrei più guidato. Guardai una sola volta Piero, ma Piero girò la faccia così come la girò per guardare la ragazza dall'altro lato della strada mentre lui, senza patente e alla guida della macchina di papà dopo un'infinita serie di ti-prego-dai-ti-prego-fammi-guidare-ti-prego-eddai,  s'ammazzava una vecchietta. E' colpa mia, sempre. Io sono l'eterno colpevole che mai professa la propria innocenza.

          Semplicemente, è colpa mia.

          Mi piace stare un passo dietro. La mia carriera è all'insegna di molti colpi di fortuna, il classico al posto giusto nel momento giusto per cui adesso sono uno dei più apprezzati consiglieri del Presidente della Repubblica. Anche al Quirinale, in molti dicono che la colpa è mia. Però nessuno ha ascoltato i miei suggerimenti. Destra o sinistra, sinceramente non saprei. Anche questa forse è una colpa. Mi piacerebbe pensare che lo Stato pensasse ai fatti suoi intorno alla libera attività economica della società, e questo è certamente un pensiero di destra. Sono convinto che la gente dovrebbe essere libera di morire come meglio gli pare e poter rifiutare cure inutili e dolorose, allora sono di sinistra. E sono di sinistra intorno alle Università e per quel che riguarda le carceri sovraffollate. Vorrei però che tutti potessero avere un giusto processo e i colpevoli scontassero una giusta pena. Cazzo se sei un delinquente devi stare in galera e se ti condannano a dieci anni ti devi passare in galera 3,650 giorni! Evidentemente sono di destra. Sì, perché sono convinto che il privato funziona meglio dello statale e perché i sindacati tutelano solo i sindacalisti. Epperò gli imprenditori hanno la tendenza d'approfittare delle flessibilità, allora sono di sinistra anche perché non sopporto gli evasori. Troppe tasse, sono di destra. Il voto a Sel è un voto perso, con i sellini non ci si ragiona, semplicemente ci si siede sopra. Magari con una qualche attenzione. Sono convinto che il male del lavoro sia la CGIL, ecco la prova che sono di destra. Mi aveva molto incuriosito quel comico, Grillo. Gli avevo anche prestato una certa attenzione. E gli avevo dato fiducia, peraltro pronosticandone il successo. Ma l'ho già detto, sono sì un consigliere ma inascoltato. Avevo detto, chiedete scusa. Presidente, faccia cambiare la legge elettorale. Presidente, non accetti un secondo mandato. Presidente per una volta, mi ascolti. Non mi ha ascoltato, ovviamente. E' forse per questo che sono uno dei consiglieri più apprezzati. E' questa la mia colpa. Secondo me non esistono più destra e sinistra. E questa è certamente una colpa della destra come della sinistra. Pensieri in libertà, scorrono inarticolatamente e paiono seguire il traffico imbizzarrito di Roma. In nessun'altra città del mondo si guida come a Roma. E nessun'altra città al mondo ha i tassisti che ha Roma. I tassisti di Roma hanno un'opinione su tutto, e te la urlano dallo specchietto retrovisore la loro opinione. Semplicemente, non si fanno i cazzi loro. Ma credo di non avere colpe in merito a questo. Credo.

"Credi in Dio?" Chiesi a Silvia.
"Credo nella maestosa e sconfinata bellezza che ci circonda, so per certo che c'è un solo cielo, così come un solo sole. C'è una sola terra, e non la rispettiamo. Probabilmente la nostra è la migliore religione del mondo ma lo penseresti se fossi nato in India o in Cina o in Iran?  E tu credi in Dio? E se sì, qual è il Dio in cui credi, quello buono e misericordioso del Vangelo o quello cattivo e vendicativo della Bibbia? Se Gesù venisse tra noi oggi girerebbe con un iPhone? Potremmo vederne la resurrezione da una telecamera a circuito chiuso? Credo nelle cose belle e nell'amore e se Dio è amore allora sì, credo in Dio. Faccio però tanta fatica a credere che l'amore giusto sia solo tra persone di sesso diverso e, a proposito di sesso ... è meraviglioso sentirti dentro e di nuovo pronto". E iniziò di nuovo a pretendere il mio amore con una maestria senza eguali, portatrice d'una bellezza indegna di tutti i maestri d'arte. L'arte quella vera, non la roba moderna o gli sfregi contemporanei. Quando finimmo iniziò a nevicare "Voglio un bacio per ogni fiocco che si posa a terra" mi disse. "Ce la posso fare, temevo ne volessi anche per quelli che si posano sugli alberi" le risposi.

          Silvia era tutto, è colpa mia?

          E' forse il momento di ammettere i tanti, troppi errori. Bisognerebbe dare un segnale tangibile di una qualche rinuncia. Ci vorrebbe una visione d'insieme, una lungimiranza che sembra non appartenere più alla classe politica e dirigente. Presidente abbiamo bisogno d'una favola. Di qualcosa di eclatante. Ci vorrebbe qualcuno molto simile a Papa Bergoglio.
"Suggerimenti?" Il Presidente Napolitano.
"Non nomi, fatti Signor Presidente".
"Lei è d'una ingenuità esemplare".
"Crede che dopo tante oscenità possa esserci qualcosa di ancor più osceno se decidessimo di puntare sull'ingenuità, Signor Presidente?" E lo dissi guardandomi la punta delle scarpe, mi parve d'avere i pantaloncini corti e le calze bianche con i fiocchi ai lati, le scarpe che stavo guardando erano quelle con gli occhi di bue. Un bambino di sessantottanni.
          Il Presidente mi lanciò uno sguardo di compassione e poi aggiunse "Da quali fatti comincerebbe?"
"Da un'utopia. Dal lavoro e dai giovani. Alimenterei il debito pubblico, farei partire lavori sull'intera rete stradale e ferroviaria. Signor Presidente a Matera non arrivano i treni. Scuola, detassazione completa per un anno su tutti i lavoratori dipendenti. Abolizione delle quote sindacali. Non abolirei le Province, ma le Regioni. Mafiosi, usurai, pedofili, assassini, corrotti e corruttori restano in galera e per tutti gli altri l'amnistia. Chiusura delle frontiere. Legge elettorale e riforma costituzionale, e per i reati contro le donne ...". Mi accorsi che stava guardandomi come uno sconosciuto pur conoscendomi ormai da quindici anni, tentava di capire un trattato sull'arte contemporanea.
"Devo andare, buonasera". E' colpa mia?

"E' proprio necessario? Se davvero ti apprezzano tanto pensi non saprebbero apprezzarti altrettanto tra quindici giorni? Inoltre è tutto pagato!" Questo disse Silvia quando le comunicai di non poter partire per New York.
"New York mica la spostano, rinunciamo e ci andiamo un'altra volta. Non è importante, è fondamentale. E' un posto d'ambasciatore, magari ci andremo a vivere, a New York, un giorno. Ci sono delle regole...".
"Regole! Cazzo, regole che rispetti solo tu! Ormai sono tre anni che rimandiamo il matrimonio per le tue regole che, ti ricordo, non ti hanno fatto accettare la vice presidenza del consiglio che è andata a quello là che le regole non le ha mai rispettate!" Era furiosa, ma persino con tutta quella furia negli occhi era meravigliosa, semplicemente era Silvia.
"Ok, hai ragione sul fatto che è tutto pagato, potresti andarci con Piero, magari". E la guardai con tutta lo dolcezza di cui ero capace. Indossava una sottoveste nera e mi dava le spalle, guardava fuori dalla finestra i colori che annunciavano l'autunno. Ovviamente non ebbi il posto da ambasciatore, però Piero accompagnò Silvia a New York.

"Non è una faccenda personale, ci mancherebbe, è il momento che lo richiede. Il Presidente preferisce rivolgersi ad un gruppo di saggi". E che saggi.

         Il traffico di Roma dipende da quello che succedeva al Colosseo, forse. Il mio autista mi accompagnerà per l'ultima volta a casa. E continuo a pensare a Silvia, e a Piero. Anche la volta che mi disse d'essersi innamorato non mi guardò in faccia. La girò dall'altro lato, come quando ammazzò la vecchietta. Girò la faccia e mi disse d'essersi innamorato. Piero s'innamorò di Silvia a New York. E New York fece lo stesso effetto a Silvia, che pure s'innamorò di Piero.

         E' colpa mia, io ho voluto che andassero a New York. E' sempre colpa mia. New York mi sta sul cazzo, e mi piace sedere sulle panchine.




          

sabato 17 agosto 2013

L'Estate, E I Ricordi D'un Posto Speciale.


          Ho smesso d'incazzarmi. Qualche tempo fa sarei diventato una bestia, oggi no. Non fa niente, aspetto. Prima o poi mi verrà in mente. Male che va leggo sull'iPod cosa sto ascoltando, tutto qui. Una volta no. Una volta mi sarei fatto venire n'attacco isterico se dopo cinque secondi non indovinavo il pezzo che stavo ascoltando. Ovviamente una volta mica mi sarei limitato solo ad indovinare il pezzo, macché. Avrei saputo dirvi i componenti della base ritmica, l'autore, i cantanti del coro e via andando. Forse perché una volta gli LP tenevano un gusto loro tutto speciale. Vuoi mettere tenere in mano la copertina di un LP o quella di un cd? Dell'iPod non ne parliamo proprio.

         Epperò, co' l'iPod ti porti appresso tutta la musica tua e You Mean Everything To Me e una volta sarei riuscito a dirvi chi era 'sta vocina che canta sopra al sax di Tom Scott. Niente, adesso niente. Sfido il mio iPod co' la riproduzione casuale e perdo sempre. Quando mi va bene, come in questo caso,  ingarro a chi è intestato il CD ma titolo e vari featuring ma manco pu' cazz!

          Fortuna vuole che ora le cuffiette mi passano la marimba di When I Give My Love To You di Michael Franks e questo ve lo riconosco pure se prova a cantare i suoi pezzi Peppino Gagliardi... Only you can make me feel when you ... di che anno è? Forse del 1985, quando già iniziava a piacermi meno. Mica potevo sape' che la musica si sarebbe tanto ammalata da costringermi a rivedere tutti i giudizi sulla musica degli anni 90!

           Ta da dam ... e bravo l'iPod, questa è roba bella bella anche se leggermente posticcia, questo è coso, quello che pure teneva la carriera funky parallela, quello col fratello trombettista che a sua volta si menava a quella pianista brasiliana, questo è l'album di ballad, roba classica, very cool e molto wonderful, ma non mi ricordo, maledizione e maledizione, non mi ricordo come cazzo si chiama. Una volta sulla spiaggia, mentre Gianluigi sforbiciava, ci avrei detto a Lucio pure i nomi dei microfonisti e invece  mo' manco mi ricordo il piffero del nome del sassofonista maledizione mi sa pure che è morto, poveretto, Michael Brecker! E se il tuo cervello non ti riesce più a suggerire Michael Brecker co' The Nearness Of You, dove assieme a lui ci suonavano Herbie Hancock e Pat Metheny e Jack DeJhonette e Charlie Haden e in un pezzo c'era pure James Taylor e infatti ecco che tipo come a 'na specie di iPodesca magia arriva proprio James Taylor nel momento in cui sono al  cancello della Spiaggia Nera.

           Saranno ventanni che manco da 'sto posto, sembra 'na roba alquanto strana dover citofonare per accedere a 'na cippa di spiaggia ma Maratea tiene regole tutte sue.  

          Un improbabile bagnino dal nome altrettanto improbabile, Vicente, si avvicina armadiescamente a me mentre ancora mi gira la capa per i troppi gradini fatti e mi chiede in inglese se voglio un ombrellone e cosa m'ascolto. E al cospetto del bagnino co' gli occhiali da Men In Black faccio la figura del coglione, sarà per i gradini, sarà per la bellezza selvaggia di questa magica spiaggia, sarà perché adesso l'iPod mi fa ascoltare Save It For A Rainy Day di Stephen Bishop, sarà quel cazzo che sarà io ci rispondo a Vicente "Prego?" e quello s'allarga le braccia.

"O vuoi l'ombrellooone?" Mi dice Vicente co' tutte le o aperte più di tutti i mercati valutari della terra.  
"Sì, grazie". 
"Tieni la faccia conosciuta, che t'ascolti?" Nel mentre s'avvia alla prima fila col passo d'un condottiero d'altri tempi. Solo adesso noto il suo pantaloncino in decisa controtendenza. E' quasi un modello ascellare, come a dire amici miei io la panza non la tengo per cui i costumi a vita bassa, quelle ricchionate, li lascio a voi.

           Mentre prendo posto sul mio lettino, Vicente si complimenta con la mia scelta musicale e attacca a ragiona' di filosofia dopo avermi spiegato alcune regole di macroeconomia non senza avermi informato che parla correntemente sette lingue.
"Vicente!" Lo richiamo dopo essermi ripreso.
"Dimmi". 
"Sempe' tieeeni 'stu cazz' i  accendo marateooota, ah!" Mi punta il dito, allarga le braccia e se ne va.

         E solo adesso la vedo. E' in acqua. In quell'acqua che non è blu ma verde quando non azzurra perché 'sta spiaggia è come uno specchio senza fine dove la beffarda verde e rocciosa natura di 'sto posto è solita soffermarsi a lungo per autocompiacersi di tanta meraviglia.

          Ironside di Lars Danielsson, Bugge Wesseltoft & Nils Petter Molvaer attacca nel preciso istante in cui m'accorgo d'uno scoiattolo biondo col costume fucsia che s'inerpica su un costone di roccia  dal quale, conquistatane la vetta, si lancia con una piroetta in mare, mentre il sole lo guarda e ci trasforma 'sto ragazzino biondissimo in una spiga di grano che volteggia in controluce fino ad impattare in acqua in un trionfo di bianca schiuma. Si chiama Sebastiano, la spiga di grano.

           Maratea.

           E lei è sempre in acqua.

          E' bella come trentacinque anni fa. No, di più. Il suo sorriso è ancora più disarmante. E' un arma, il suo sorriso. 

           A Wilderness, Laura Nyro e non sento il caldo. Vedo un viale di stelle sul mare, il riverbero di tutte le luci dell'amore del mondo. Il sapore di labbra mai baciate e sempre sognate, giorno dopo giorno, estate dopo estate, il suo sorriso. Ogni tuffo era per lei anche quando lei in spiaggia non ci veniva proprio perché l'avevano invitata per una gita in barca. Ogni bacio era per lei, mentre baciavo tutte tranne lei. Ah ah, adesso sembra che l'iPod stia a prendermi per il culo Classic, Adrian Gurvitz ... I'm an addict now, an addict for your love, quasi quasi mi alzo e te lo vengo a dire. Sì, mi alzo e vengo in acqua da te. Magari quello che ti sta vicino è tuo marito, ma io ci vengo lo stesso. Mi alzo e vengo in acqua da te. Vengo a dirti che da trentacinque anni, ogni giorno, penso a te. Vengo a dirti che sono trentacinque anni che faccio l'amore con te con persone che non sono te. Mi tuffo in acqua e ti dico che in trentacinque anni non ho mai incontrato un sorriso come il tuo e te lo dico tra le stelle del mare che illuminano i tuoi occhi. 

           Mi alzo, e dopo due passi resto immobile. Il fuoco. Hey Now, Adriana Evans un'altra delle troppe meteore nelle orecchie e il fuoco nei piedi. Che coglione, non si può camminare sulla Spiaggia Nera a piedi nudi. Manco Giucas Casella, che coglione.

            Ma lei è ancora lì, e Michael Jackson canta I Can't Help It e vuoi vedere che s'è creato a tipo nu collegamento sinaptico tra la capa mia e le cuffiette? ... I wouldn't help it even if I could ...

          Per tutti i ragazzi eri come è l'Isola di Santo Janni per le barche. Ti stavano tutti intorno, conquistavi tutti. Il tuo sorriso iniziava dagli occhi, quelle due fessure a mandorla d'una bellezza ipnotica. E il tuo modo di parlare, di piegare la testa da un lato nel preciso istante in cui t'aprivi nel sorriso dei sorrisi ... If only I can find the way ... so give us an answer ... Lord Is It Mine, Supertramp con i jeans e il pullover blu perché a Ferragosto a Maratea pioveva sempre e sulla vespa faceva freddo. E io ti guardavo, incantato.  Eri come circondata da cento angeli, ognuno dei quali muoveva nella giusta direzione un tuo capello, alzava la tua mano, girava la tua testa.

            E sei ancora lì, e sorridi, e sorridi, e sorridi. Sono certo che la vita è stata vita anche con te, ma tu sorridi. 

           All Alone, Sylvia Stiplin che però, caro il mio iPod, non c'entra manco per il cazzo!

"Ehi, ma ciao, come stai? Quanto tempo!" Paolo, sempre gentile. Diversamente avrebbe detto che il mio corpo s'è fatto preciso il raddoppio. E c'è sempre un Super Santos, sulla spiaggia. Oggi come allora. Quindi, dov'è che abbiamo sbagliato? La colpa è solo nostra se il mondo è 'na merda o la colpa è sempre, oggi come allora, di qualcun altro?

          The Lady Don't Mind ... who knows who knows what I'm thinkin', Talking Heads nelle orecchie e tu negli occhi, in acqua e com'a nu cazz di Baglioni vorrei sapere come stai e chi t'apre lo sportello che poi, magari. Quella canzone parlava di due che assieme c'erano stati, noi no. Ma io ti amo, eccome.

           Heaven Must Be Missing An Angel, Tavares e che banalità! Magari adesso lo spengo 'sto ciuccio d'iPod chissà non sia tutta colpa sua, forse se tolgo le cuffiette la magia finisce. Sì, e comincia il tormento che magari col cervello che non t'accompagna ti metti e canti.

          E a proposito di cervello, ti rendi conto che la stai fissando da un'ora, a tipo maniaco? Sarai un coglione? E se il mio cervello è malato, come sta messo quello dell'iPod che mo' se ne viene co' Ordinary People di Neil Young? Ecco, scegli una canzone e fagliela ascoltare e poi le chiedi se si ricorda di te. Zitto, sei un coglione!

            Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella volta che c'incrociammo sulle scalette che da Piazza del Gesù portano sul marciapiede di Moda e Mare.
"Ciao"
"Ciao"
"Vai di fretta?"
No che non vado di fretta, e se hai bisogno ti porto sulle spalle e in ginocchio fino al Cristo e poi torniamo giù, se ti va siediti sul muretto e ti sbuccio un miliardo di pinoli, se vuoi mi riempio la bocca di miscela e vengo a sputartela nel serbatoio del tuo motorino che è a secco. Ma siccome sono un coglione, ti dissi "Sì, scusa ci vediamo dopo".

           Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella volta, al Macarro. Al tramonto, ancora in spiaggia. 
"Giochi con noi a pallavolo?" Proprio mentre Gianluigi mi dice "Vieni a crossare?" Attaccati al cazzo Gianluigi, fateveli da soli i cross e non perché per una volta m'andrebbe di colpire di testa invece che crossare ma perché voglio giocare a pallavolo con quella che sarà la principessa della mia cazza di vita. Ma siccome sono, be' lo sai già cosa sono amore mio, ecco che allargai le braccia e piegai la testa da un lato e con un sorriso beota corsi a fare i cross.

          Wouldn't It Be Good, Nik Kershaw ... even if it was for just one day ...

           Adesso vengo in acqua, e ti racconto. Ti racconto di quella sera, al Santo Janni che ancora oggi credo sia uno dei posti più belli del mondo per una discoteca sul mare. Come sempre, ero seduto. Come sempre, bevevo coca&whisky, che bevanda di merda!
"Ciao"
"Ciao"
"Come va?"
"Tutto bene, tu?"
"Si, diciamo di sì. L'estate è quasi finita, dove andrai all'università? Balliamo?"
Mi metto a studiare per te, porca cacca. Vengo all'università dove vuoi tu e ti copio a mano tutto quello di cui hai bisogno ma perché mi chiedi di ballare? Ti rendi conto di quant'è ridicolo un ragazzo che balla e non sa ballare? Perché?

          Watcha Gonna Do?, Pablo Cruise.

          Perché? Perché non ti sei alzato? Perché non le hai preso la mano e non l'hai portata alla balustra a guardare l'isola alla luce della luna? Perché non hai lanciato contro un albero quella cacata di coca&whisky e non le hai detto che sono cinque anni che l'ami? Perché non hai preso quel meraviglioso viso tra le mani e non hai baciato quegli occhi perfetti fino all'alba, cazzone! Perché?

          Adesso è lei che ti guarda. Starà pensando non può essere lui, non può essere ingrassato così tanto ... Call you telephone far away ... Come On Home, Pages e se non ti alzi adesso, quando? Sono trentacinque anni che vinci il premio di coglione dell'anno, il record è tuo, non te lo toglierà più nessuno, alzati. Alzati, porco Giuda!

           Motion, Allen Toussaint.
"Papi, abbiamo fame. Ci compri due friselle col pomodoro?"
"Tieni". E metto in mano a mia figlia una banconota da dieci euro che mia figlia si guarda come fosse un pezzo di carta igienica usata!
"Papi, una frisella costa 8 euro e poi un succo e poi un gelato, fai tu!" E mi guarda come l'ultimo dei pezzenti. Vicente, 'a filosofia d'u Men In Black mo' che t'acchiappo! E con dispiacere saluto l'ennesimo foglio da cinquanta euro che s'allontana da me mentre Mr. iPod propone Honeymoon Day degli Arrested Development.

          Non ce la faccio più, sei ancora lì in acqua. E quel sorriso. Chissà se ricordi anche tu.

          E quella volta. La volta della festa. Quella volta avevo deciso. Te l'avrei detto alla festa. La festa a casa di ... porca miseria, non mi ricordo ... accidenti, è entrata in acqua adesso, ti sta salutando ... come diavolo si chiama ... la festa, i preparativi durarono una settimana. E io ero determinato. Ti avrei chiesto di metterci assieme. Avrei messo jeans e camicia bianca. Sarei arrivato puntuale alla festa, cioè sarei arrivato per primo. Avrei aspettato. E non appena tu fossi arrivata t'avrei presa in disparte e ti avrei chiesto di stare assieme. E avevo deciso che sarei andato via subito dopo. Da solo se, come probabile, tu m'avessi detto no. O con te, se per un miracolo della vita tu m'avessi detto sì. E t'avrei portata sulla spiaggia, e t'avrei baciata e baciata e baciata. Ma quella stronza che tu adesso baci al posto mio, quella granda grandissima stronzazza non m'ha invitato alla festa. Fui l'unico della spiaggia a non venire alla festa. Fui l'unico a non essere invitato.

          E adesso tu sei lì, in acqua davanti a me. Bella più di allora. E io vengo in acqua, vengo a chiederti se ti ricordi.

          We've Only Just Begun, Carpenters

"Papi, mi porti i sandali?"
"Arrivo". E dopo vado in acqua dall'amore mio. Quanto ci vorrà per fare dieci metri? E poi per farne venti, di metri, per andare in acqua. Da lei.

         Ecco, venti metri. Sono in acqua adesso. La mia silhouette sembra perfetta mentre volgo le spalle al sole che ti illumina mentre sgocciolandogli sul viso baci un uomo sotto l'ombrellone dell'ultima fila.

          E dal bagnasciuga guardo questo cazzo di spettacolo che la Spiaggia Nera offre gratuitamente a chi le va incontro dal mare, e penso a tutti quei gradini. All My Lovin' di Cheryl Lynn mi suona in testa anche se l'iPod l'ho lasciato sul lettino.

          Anche quest'anno il premio è mio.